Scritto per l’editore Gallimard nel 1999 e pubblicato in Italia da Einaudi l’anno seguente, il romanzo Sconosciute è nelle intenzioni dell’autore, il premio Nobel Patrick Modiano, un trittico di racconti che “fantasticano sulla realtà” sottoponendola alla visione femminile. E’ come se inconsciamente l’autore avesse voluto far indossare dalla protagonista di ciascun racconto alcuni ricordi personali.
Il libro si struttura in tre parti.
Nella prima, protagonista è una ragazza di Lione che decide di trasferirsi a Parigi per staccarsi da una esistenza scialba, tentata dai racconti di una vita sfavillante e in cerca del vero amore. Nella capitale francese in un periodo che sembra essere quello degli anni “20 si imbatte suo malgrado in una serie di personaggi ed eventi che condizioneranno il suo futuro. La toponomastica della città viene citata con dovizia quasi cartografica tanto da immedesimare il lettore tra i boulevard, le avenue e le places parigine. L’amore sognato arriva nelle fattezze di Guy, un aitante quanto misterioso commesso viaggiatore che tuttavia non saprà ricambiare la sincerità della ragazza:
“La notte, nella stanza d’albergo, mi chiedeva della mia infanzia e della mia famiglia. Ma, come lui, anch’io confondevo le tracce. Mi dicevo che una ragazza semplice come me, con un nome e cognome soltanto, che veniva da Lione, non poteva interessarlo davvero.” (Sconosciute, ed Einaudi, 2000 Traduzione Paola Gallo, pag 33)
Scoprirà , dopo una serie di incontri, un aspetto poco conosciuto e doloroso del sentimento amoroso diventando “una bionda non identificata”.
Nel secondo capitolo la ragazza di soli 16 anni, dotata della “bellezza del diavolo” tenterà di abbandonare le umilianti origini ma il destino le riserverà qualcosa di inaspettato e semmai ancora più duro da accettare:
“Era l’estate dei miei 17 anni. In Giugno, mi hanno avvertita che il mese dopo non avrebbero più potuto tenermi come cameriera. Allora mi sono presentata alla reception dell’hotel Impérial, a nome di Bob Brune, per parlare con il portiere. Gli ho detto che ero disponibile nel caso che tra i ricchi villeggianti qualcuno avesse bisogno di una baby sitter, oppure se c’era posto come cameriera per le pulizie. Il portiere mi ha guardata con occhi attenti e mi ha promesso che avrebbe fatto il possibile per trovarmi un lavoro. Poi mi ha detto:
“Andrà lontano, lei…”
Ha ripetuto:
Andrà lontano…
Forse voleva farmi coraggio. Tre giorni dopo, mi ha fatto sapere che una signora a cui mi aveva raccomandata mi aspettava all’ Impérial.(cit.pag 63)
La protagonista del terzo racconto vive con misticismo il suo trasferimento da Londra a Parigi affidando alla metafora di una finestra su un paesaggio mutevole ed aspro i suoi malinconici ricordi. La presenza di altri soggetti nella sua vita da straniera la aiuterà a chiarire le ombre del suo spirito:
“Geneviéve Peraud era di nuovo accanto a me, avvolgendomi col suo sorriso e con i suoi occhi verdi.
“Si rilassi piccola mia. Ha un ‘aria tanto triste. Si corichi sul divano.”
Non avevo mai sentito una voce così pacificante. Mi sono coricata sul divano. E lei si è seduta dietro la scrivania.
“si lasci andare…Chiuda gli occhi..”
La sentivo aprire un cassetto, richiuderlo. Poi è venuta a spegnere la lampadina sulla libreria. Ora eravamo in penombra, lei seduta accanto a me, sul divano. Mi massaggiava dolcemente la fronte, le sopracciglia, le palpebre, le tempie. Avevo paura di addormentarmi e confidarle nel sonno quel che mi tenevo dentro da tempo: René, il cane, la foto perduta, il mattatoio, il rumore di zoccoli che ti sveglia presto al mattino. E poi eccomi qui, distesa su un divano al numero 7 di Rue Domblase. Non era un caso. Se volevo saperne di più sulla vita, le sue luci e le sue ombre avrei dovuto rimanere nel quartiere ancora qualche tempo.(pag 112, 113).
L’ identità delle tre donne rimarrà un tratto indeciso in una società maschile e maschilista e in una città, Parigi, che da sogno di conquista si rivelerà approdo nichilista.