Portami lungo viali vuoti,
parlami di qualche sciocchezza,
pronuncia vagamente un nome.
I lampioni piangono l’estate.
Due lampioni piangono l’estate.
Cespugli di sorbo. Una panchina umida.
Amore mio, resta con me fino all’alba,
poi lasciami.
Rimasto come un’ombra offuscata,
vagherò qui ancora un po’,ricorderò tutto,
la luce accecante, il buio infernale,
io stesso fra cinque minuti sparirò.
Boris Kyzyi
Un poeta travestito da geofisico.
Boris Kizyi, calsse 1974, è nel novero dei maggiori poeti russi contemporanei. Laureato in geofisica, ha speso la sua esistenza in accademia, a fare altro. Eppure, di nascosto ha scritto poesie fin dai 14 anni. Morto suicida nel 2001 a soli 27 anni, è stato riconosciuto e lodato per i suoi versi solo dopo il tragico evento. I suoi componimenti sono stati tradotti postumi in molte lingue.
La poesia riportata gioca su pochi versi d’amore e di malinconia. Una scena vagamente tratteggiata, la notte, una strada, due lampioni.
Possiamo ricavare dal testo alcune parole-chiave e analizzarlo a partire da esse.
La prima parola che balza agli occhi è amore. Amore che vive anche quando tutto sembra perduto, amore che è attaccamento e bisogno, amore che è una notte che dura per sempre.
La seconda parola che sembra trapelare è paura. Paura di amare e di lasciarsi amare, paura di vivere troppo, paura di non saper resistere oltre l’alba.
Il terzo motivo è quello della nostalgia. Nostalgia di un’estate che probabilmente non tornerà più, ma che riscalda i cuori e li accende con il suo dolce ricordo.
Si manifesta la necessità di evadere da tutto, da tutti. Prima il bisogno di andare in viali vuoti e poi l’urgenza di scappare anche da essi.
Parole, quelle di Ryzyi, che non lasciano indifferenti, che ci aprono alla sua visione della vita e dell’amore, che ci permettono di entrare, per quanto possibile, nella buia esistenza di questo poeta consentendoci di comprendere meglio la vita di uno scrittore che sarebbe sicuramente stato straordinario, ma di cui abbiamo avuto troppo poco.