Il principale nemico della meraviglia, dello stupore, dell’incanto di stare al mondo è l’abitudine. Questa poi è una delle cause dell’insensibilità, dell’indifferenza. Che, inutile dirlo, sono altri nemici della meraviglia. Ma se la meraviglia deve da sempre fare i conti con ostacoli del genere, da oggi può in compenso consolarsi un po’. Può consolarsi perché ha trovato in Roberto Benigni un alleato formidabile. E’ questo il pensiero che ho avuto ieri sera, subito dopo aver visto (e soprattutto ascoltato, dopo vedremo il perché) I dieci comandamenti, lo spettacolo in forma di monologo andato in onda lunedì 15 e martedì 16 dicembre su raiuno. Va bene, lo ammetto, il mio pensiero non era così articolato. L’ho messo un poco in ordine e sviluppato meglio, ma ve lo assicuro, il senso era questo.
L’alleato Benigni, ieri sera e ieri l’altro, è riuscito in un’impresa stupefacente (per utilizzare un termine a lui caro): ha dato del filo da torcere a questa abitudine, la nostra tranquillizzante e soporifera abitudine. L’ha scalfita, l’ha graffiata. E secondo me la sua arma principale non è stata nemmeno la parola (le migliaia di parole, visto che in tutto ha parlato ininterrottamente per più di tre ore). E’ stata la sua voce. O meglio, il suo tono di voce. E’ normale che qualcuno, o probabilmente più di qualcuno, stia arricciando il naso. Ma provo a spiegarmi, se ci riesco.
Benigni a un certo punto ha espresso un desiderio, un desiderio che era pressappoco questo: voglio che quando finisca lo spettacolo possiate dire che siete contenti ma non ci avete capito niente. E rincara anche la dose. Ciò che dice in un altro momento sembra suggerire espressamente: ha capito tutto chi ha capito che non c’è niente da capire. E allora, se l’uomo non può penetrare certe verità, ma può soltanto constatare umilmente l’indecifrabilità del mistero della vita, se delle parole non ci fidiamo perché ne hanno svuotato il senso, possiamo solo affidarci ad un tono di voce.
Un tono di voce sereno, appassionato, carezzevole, umile, gioioso, ma soprattutto strabiliato. Sì, forse è questo il termine giusto. Un tono di voce che fa da testimone. E di lui ci fidiamo.