19 dicembre ’43: incipt e titolo di questo breve romanzo di Donato Cutolo, un punto fisso come solo le date possono essere. Una data è davvero per sempre, inscritta nello scorrere del nostro tempo, domina il seguire degli eventi. Una lettera e una data, questi gli indizi a cui aggrapparsi nell’iniziare la storia di Ettore Brassi. Il suo appello a un dio diventato mortale per colpa della guerra si fa l’unica voce che avvolge i boschi circostanti, lì, abbandonati tra le montagne taciturne. L’autore non si limita a scriverla, questa storia, ma compone una colonna sonora con l’aiuto di Fausto Mesolella e Daniele Sepe.
«Mi ci vuole coraggio a mettere la penna sul foglio, perché poi, quando rileggo, prendo tutto per buono, l’inchiostro resta, e quelle parole diventano per me una condizione dalla quale non sfuggo, in nessun modo. Insomma, non ho più scampo».
Ettore si sveglia nel buio più profondo e con il corpo bloccato: un incubo scuro dal quale non riesce a riemergere. Si convince di essere vivo, ma non è così sicuro. Seppellito vivo, comincia a ricordare. Lungo l’Appennino corrono piccole case avvolte nella nebbia di un giorno freddo, che non appartiene ancora all’inverno. Gli spari e le esplosioni del rastrellamento nazista rimbombano, arrivano al suo orecchio portando quella maledetta guerra ad un passo da lui. Il pensiero corre immediatamente verso Ada, verso Giorgio, la compagna e l’amico che costruiscono la storia della sua vita con la loro semplice e necessaria presenza. Ettore prova a raccontare la loro storia, anzi le loro storie, quella dei genitori lontani, in America. Non entra nel dettaglio: il resto lo narrano le colline e i campi assonatti intorno a lui, le montagne che danno voce al suo passato, lo stridere della guerra fuori dalle quattro mura sicure del casolare.
Alla fine della disperata ricerca degli amici, stretta tra l’avanzamento dei nemici e la Resistenza, c’è sempre e solo il silenzio dicembrino. Senza cautela, scavalca campi e paesi ghiacciati, ma nei luoghi attraversati ci sono solo ricordi ad aspettarlo e ad agganciarlo alla sua terra. Ogni verità è centellinata e scandisce la corsa di Ettore verso la verità, in quel momento rappresentata da Aldo, il bibliotecario della piccola Mompassano. Ma l’unica direzione sicura resta il mare di acqua e nebbia.
Come altre, questa è una vicenda intima e personale, cucita addosso agli eventi della storia, non quella dei libri scolastici, quella dei presentimenti e dei dettagli. Che cosa fare con quest’atmosfera che si stringe addosso direttamente dal passato recente? La musica si intreccia con esso, fuori dal tempo eppure così dentro ad esso. Si alternano sax, chitarre, pianoforte e voci arrivate da non si sa dove. Atmosfere diverse e coinvolgenti, strette in un lungo abbraccio. E sotto, piano, i suoni della vita.