In una gremita Sala delle Capriate del Chiostro del Bramante di Roma, si è svolta il 21 Novembre la serata conclusiva del ciclo di mostre e rassegne della Triennale di Arti Visive che ha riunito artisti ed opere nel tema “Last Paradise”.
L’ultimo Paradiso, quello in realtà perduto in una nazione smarrita. Le opere che compongono l’esposizione sono infatti incentrate sulla visione esperienziale del nostro Paese e come ha spiegato il curatore della Mostra, il Professor Daniele Radini Tedeschi , acclamato critico d’arte di fama internazionale:
“Lo scopo dell’esposizione triennale è quello di svergognare e svergognarsi cercando il più possibile di trovare opere bizzarre, divertenti e spiritose per avvicinare il più possibile il pubblico al mondo dell’arte che sempre più è distaccato dalla gente. Anche l’opera che si trova nella sede centrale, Fabrizio Corona crocefisso con accanto Schettino nelle vesti di Longino, ha un significato sociale ma non necessariamente di un arte che va in difesa dei deboli o dei soprusi ma di un arte che è capace di registrare ciò che succede in questo Paese. Tutti i fenomeni che avvengono nel corso dell’anno vengono registrati dagli artisti e quindi trascritti nella loro arte.”
Singolari e prospettiche, scioccanti o fortemente psicologiche, ciascuna opera mira a smuovere nel visitatore la riflessione esistenziale collettiva di un Paese che sempre più misconosce il confine tra un’esistenza autentica da quella inautentica di Heideggeriana memoria.
Ospite d’onore, nonché mentore dell’evento è stato il Professor Philippe Daverio che aveva tenuto nelle ore precedenti una lectio magistralis dal titolo “L’Arte tra Avanguardia ed Estetica. Riflessioni filosofiche e storico-artistiche”. Nel salutare gli ospiti al Chiostro del Bramante, il Professor Daverio ha chiosato con una sua osservazione sulle installazioni presenti:
“Quel che conta è stupire ma quando si parla di stupire l’ambiguità è forte poiché bisogna capire se una persona è stupita o “stupida”. Tutto sta nella faccenda di risolvere l’equivoco tra la “t” e la “d”. Se siete in grado di risolverlo avrete trovato la chiave dell’arte contemporanea!”
Al di là delle interessanti e coinvolgenti argomentazioni estetico-filosofiche che hanno accompagnato la serata, i veri protagonisti sono i 42 artisti e le loro creazioni.
Molti i lavori ispirati alla “idea pura di estetica paradisiaca , dei paradisi artificiali, dei mondi virtuali e dello spaesamento” come l’opera del giovane artista romano Salvatore Marsillo, già emergente nel circuito artistico della capitale.
La sua tela si intitola “Labirinto dell’irrequietezza” (#5-Polimaterico su tela 70X100 anno 2014) e gli abbiamo chiesto quale fosse il messaggio che intende trasmettere quest’opera nel contesto blasonato della Triennale:
“Il “labirinto dell’irrequietezza” – ha risposto il Marsillo– simboleggia il percorso che l’Uomo deve affrontare attraverso le esperienze più o meno intricate della vita al fine di acquietare l’irrequietezza esistenziale. Per irrequietezza intendo la conseguenza sul nostro stato d’animo del sussistere di ostacoli che ci impediscono di realizzare la nostra autenticità. Il labirinto è costituito dall’ovvio che ci incatena, dal già visto, dalle strade già prefissate, dai punti di vista unidirezionali, da tutto ciò che ci tarpa le ali. Le varie stratificazioni, leggendo l’opera dal basso verso l’alto, rappresentano le difficoltà da superare, una sorta di viaggio catartico per arrivare alla meta finale che è la liberazione dall’ irrequietezza e l’inizio del cammino per realizzare le proprie reali aspirazioni”.
In una veste differente rispetto a come il pubblico è abituato ad apprezzarla, la partecipazione dell’artista Marisa Laurito che tuttavia non è nuova al mondo dell’arte. Da qualche anno infatti partecipa a vernissage ed espone quadri acrilici ed a olio. Per Last Paradise ha esposto quattro opere realizzate in componenti di silicone e oggetti di recupero. Significativa è una tavola a quattro pannelli (Porta per il Paradiso) dove arte e letteratura si riuniscono come una finestra che dà metaforicamente sul Paradiso. Su ciascun pannello ha trascritto pensieri di Pasolini, Moravia, una Poesia di Neruda, ed una frase ripresa dal film di Luciano De Crescenzo “Così parlò Bellavista”, “Siamo angeli con un ala soltanto e possiamo volare solo restando abbracciati”. La scelta total white dei colori è stata imposta dal curatore Radini Tedeschi che ha voluto improntare sul senso della purezza (perduta) gran parte dei lavori esposti. La Signora Laurito alla domanda di Philippe Daverio su cosa fosse per lei l’Inferno ha risposto:
“Non credo all’ Inferno, non credo al Purgatorio ma credo nel Paradiso. Nell’ultimo, the last Paradise che è proprio qui. E’ meraviglioso, la vita che viviamo è il paradiso e dobbiamo coglierla ogni secondo, minuto, per viverla pienamente”.
Le abbiamo chiesto per quale motivo abbia scelto di citare grandi protagonisti della letteratura mondiale nella sua opera; ci ha risposto:
“Perché molti di loro hanno rappresentato per la mia vita una fonte di ispirazione e perché la letteratura è salvifica in molti casi. Ho voluto inserire una bella poesia di Neruda perché lui diceva che bisogna aprirsi alle persone, comunicare loro la bellezza dell’arte perché solo così l’incontro con l’altro può essere completo”.
Sarà l’arte contemporanea la chiave per il Paradiso terrestre? Allo spettatore l’arduo giudizio.
Le opere e le installazioni saranno visitabili nelle sedi della Triennale: oltre al Chiostro del Bramante, la Biblioteca Nazionale di Roma Castro Pretorio, e la Galleria di Arte Maggiore fino al 3 Dicembre.