Il mio vocabolario dice che l’arte è “l’attività spirituale con cui l’uomo esprime in opere di bellezza il suo mondo interiore”. Non è che me l’abbia proprio detto. Capirete bene che abbia dovuto per forza di cose prenderlo dallo scaffale- il vocabolario, cercare quello che dovevo, leggere e … comprendere. Ora, uscendo un attimo da questo contesto un po’ surreale, è proprio la comprensione ad essere un problema. Cioè, non in quel senso. Mi spiego meglio. Mi riesce difficile, se non impossibile, capire come si possa racchiudere in una definizione tutto un significato, e che significato, di un parolone come questo. Beh, sarebbe bello se tutto si potesse spiegare in quattro parole, no? La vita dovrebbe essere per questo molto più semplice. Sì, ma anche più noiosa! E’ la complessità che rende il mondo tridimensionale. La sicurezza di poter dire: “è così, punto e basta!” non è molto entusiasmante. Comunque sta di fatto che, leggendo appunto questa definizione, mi è scattata qualche riflessione. E, rima a parte, era quello che volevo. Non si apre mica un vocabolario così? Insieme alle riflessioni poi vengono anche le domande. E anche questo volevo.
Per esempio, il mio vocabolario non mi dice il perché. Il più ovvio compito dell’arte è quello di dilettare, soddisfare il fruitore, diciamo così. Fargli provare piacere. Questo è uno dei motivi per il quale l’artista lavora. E gliene siamo grati. Ma, oltre a ciò, e oltre a un bisogno personale e magari a un dovere morale che egli sente, ci sarebbero altre ragioni a doverlo spingere.
Durante il Medioevo la poesia non era considerata degna quando era solo il risultato di una libera espressione del sentimento, ma doveva essere in grado di elevare lo spirito dell’uomo. Un artista dovrebbe ambire a tanto? L’altra ragione, non meno importante, è quella di asservire il proprio talento al fine di scavare sotto l’apparenza, per trovare la realtà e con essa la verità. Ma sotto i cumuli dell’apparenza, c’è davvero la verità? In altre parole la verità deriva dal reale? O la realtà è troppo imperfetta per poterla contenere?
Se questo fosse vero, l’arte dovrebbe limitarsi (come forse vuol far intendere il mio vocabolario) ad esprimere il mondo interiore dell’artista. Ora qui mi sono sorte altre domande. Se, attraverso l’arte, si può scoprire il proprio io, l’autore dell’opera non sta comunicando soltanto l’io che vede lui? La visione è obiettiva? E anche nel caso voglia esprimere un mondo a lui esterno, il pittore che fa un ritratto non sta anche qui consegnandoci un suo punto di vista personale? Lo riteniamo perciò sufficiente? Allora, davvero l’arte può solo dilettare? Io non lo so, io faccio solo domande. Ma so una cosa, che amo i dubbi, perché con essi tutto diventa possibile.