«Cerchiamo di parlare
in due minuti, mentre qualcuno aggiusta
le tende alle finestre e gli amici
sono già per le scale. Sempre c’è
poco tempo quando dobbiamo fare
i conti con i morti. E cosí dico
a mia madre di aver pazienza – a lei
che vicina a morire, ancora
vuol sapere com’era la mia cena…»
Giovanni Raboni nacque a Milano il 22 gennaio 1932; in seguito, a causa dei primi bombardamenti sulla città si trasferì con la famiglia a Sant’Ambrogio Olona. Furono questi gli anni durante i quali Raboni si accostò alla letteratura europea, ma anche a quella italiana: autori come Ungaretti, Quasimodo e Montale ebbero infatti un’influenza determinante nella formazione della poetica dello scrittore. Dopo il 1945 tornò a Milano dove frequentò il liceo Parini e in seguito il Carducci. Successivamente si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza; laureatosi esercitò la professione di avvocato, ma ben presto iniziò a collaborare con giornali come il Corriere della Sera, L’Europeo e Tuttolibri; la passione per il cinema e per il teatro lo portarono ad affiancare all’attività di giornalista quella di critico cinematografico e teatrale, entrando anche a far parte del comitato direzionale del Piccolo Teatro di Milano. Notevole fu anche la sua attività di traduttore di Baudelaire e di Proust.
Dopo la pubblicazione dell’opuscolo in versi L’insalubrità dell’aria (1963), nel 1966 uscì la prima raccolta di poesie, Le Case della Vetra, in cui confluì gran parte della produzione giovanile di Raboni. L’opera si caratterizza sicuramente per l’adozione di varietà linguistiche estranee al lirismo: infatti, all’andamento prosastico e alla cadenza narrativa dei testi si affiancano questioni politiche e sociali. Tematiche e personaggi appaiono desublimati e inseriti in un paesaggio urbano oppresso dalle modifiche urbanistiche e sociali di quegli anni; Milano è infatti la città in cui i personaggi di Raboni vengono colti nei loro gesti più quotidiani e descritti con modalità che paiono rimandare al genere “pitocchesco”. Tuttavia, ai toni e agli ambienti dimessi di questa poesia si affiancano i frequenti rimandi letterali che stemperano il realismo talvolta polemico che anima i testi.
Caratteristica anche delle raccolte successive, come Cadenza d’inganno (1975) e A tanto caro sangue (1988), è sicuramente la poetica degli oggetti: in questi testi si assiste infatti ad un accumulo di oggetti che da un lato presentano frammenti di vita vissuta, dall’altra per il loro carattere di incompiutezza e provvisorietà finiscono per avere la meglio sui personaggi e sull’io poetico. A questa poetica si accosta un tema preponderante in Raboni, ossia quello della morte: l’autore presenta questo avvenimento ineludibile nella vita di ogni essere umano in modo totalmente disincantato, svuotandolo di ogni trascendenza religiosa ed etica, insistendo anche su particolari concreti.
Nel 1990, con Versi guerrieri ed amorosi lo scrittore inaugura una nuova stagione della sua poesia, contraddistinta dal recupero della letterarietà lessicale e sintattica, rispondendo così ad un’esigenza di riconoscibilità formale che la poesia stessa imponeva ai poeti “per poter continuare o ricominciare ad esistere”. Pertanto, in Ogni terzo pensiero (1993) e Quare tristis (1998) si assiste anche al reimpiego di forme metriche tradizionali, come il sonetto.
Raboni ottenne anche riconoscimenti come il Premio Viareggio (1993), il premio Moravia (2002) e il premio Librex Montale (2003). Morì il 16 settembre 2004 a Fontanellato, a causa di un attacco cardiaco.