Un uomo di mezzetà, ma nel vivo dei suoi anni, scopre di avere un tumore alla prostata, una malattia comunissima che mai avrebbe pensato potesse colpirlo. Il tempo a disposizione per decidere se operare d’asportazione o se sfidare il destino è pochissimo, ma in gioco c’è anche una vita sessuale normale, che dopo l’operazione non potrà più essere esercitata. L’autore descrive nei particolari il processo di accettazione, esplorando fino ai dettagli più infinitesimali la vita e il corpo di quest’uomo.
Io non sono né un giocatore né uno che ama le scommesse, mi assumo raramente dei rischi; sono fatto così e non lo dico con fierezza. Non mi piace la storia della spada di Damocle, né l’eccessiva velocità, penso di poter avere altri piaceri nella vita oltre quelli che procura l’amore fisico… Mi dico così ma mento un po’ a me stesso, devo pur convincermi che ho fatto la scelta giusta: vivere, sì, ma senza malattia… la malattia della morte.
Questo romanzo di Tahar Ben Jelloun è breve, il tragitto che percorre arriva alla meta prefissata ma attraverso scorciatoie. Se si voleva ritrarre un uomo schiacciato dal malessere, in balia di una decisione drastica che lo porterà a vivere la sua esistenza in modo così diverso, e ancora, se si voleva davvero esprimere questa mancanza ditruttiva, questa assenza di stimolo sessuale che per il protagonista equivale alla non-vita, ecco allora questo scritto dell’autore marocchino de La rivoluzone dei gelsomini e L’Islam spiegato ai nostri figli non è esaustivo. Scava in profondo fino all’intimità più inviolabile raccontando nei dettagli le vergogne che la malattia gli impone; e senza tanti complimenti descrive tutte le implicazioni, prettamente fisiche e soprattutto sociali, a cui l’operazione lo obbliga. Senza però arrivare ad essere esauriente, mantenendosi costantemente ad un livello di superficialità che non arriva mai a toccare il nocciolo.
L’autore su richiesta dell’interessato rivela tutto senza tralasciare nulla, dalle ossessioni che lo accompagnano, fino al difficile reinserimento in una vita apparentemente normale, non privo di difficoltà nell’elaborare il trauma e superare la depressione. I temi toccati sono perciò dei più difficili e forse si meritavano un approfondimento maggiore. Sembra che il protagonista abbia preso atto di tutto ciò che ha affrontato, ma che non sia stato in grado di assimilare tale consapevolezza. La mancanza di cui parla non è generica perciò è inutile trattarla come tale: è anche e soprattutto ansia per il futuro e per l’amore che pare impossibile senza il sesso. La mutilazione è intima più che evidente, nascosta da un’apparente normalità che lui non è più in grado di simulare.
Non è il racconto di un percorso che arriva a una risoluzione. È la narrazione completa di un disagio personale, interessante e toccante, ma che non ha risvolti più universali. Credo risieda qui la mancanza del romanzo, nonostante sia ammirevole l’onestà e il coraggio con cui si racconta una situazione così delicata.