“A me sembra che la satira sia uno dei dieci strumenti che un umorista può suonare. Uno strumento molto divertente e molto difficile”
Così Stefano Benni si esprimeva qualche anno fa in una conversazione con il direttore editoriale Goffredo Fofi raccolta nel libro “Leggere, scrivere disobbedire” . Benni è forse dopo gli umoristi degli anni “30 il primo scrittore italiano che è riuscito a dare una lezione di letteratura attraverso i suoi pungenti e salaci interventi su vizi e virtù della società. I suoi personaggi sono grotteschi , poveri, ricchi, istrioni e spesso divisi tra loro dalle appartenenze sociali e politiche ma accomunati dalle stesse debolezze e dagli stessi eventi. E’ un vero arbiter satirico nell’epoca del 2.0 se consideriamo che la sua produzione diviene nota al grande pubblico a partire dagli anni “80, momento spartiacque di una comicità sempre più sostanziata dai fenomeni politici e partitici e quindi dagli stessi membri della classe dirigente.
Bolognese, a 67 anni compiuti Stefano Benni è ancora una firma prestigiosa di quotidiani nazionali e riviste letterarie (Repubblica, Il Manifesto, Panorama, solo per citarne alcuni) attraverso le quali analizza un intero popolo, la sua civiltà e la “cosa pubblica” con stile originale e forbito e l’immancabile, catalizzante ironia. Nel caso di Benni ci si potrebbe chiedere se sia nato prima lo scrittore o l’umorista. In effetti il suo percorso formativo è partito da una forte preparazione in campo letterario e filosofico ;pertanto il suo rapporto con la scrittura ha radici lontane, sin dall’adolescenza quando leggeva avidamente libri di Poe di cui ha detto: “Con Poe, ho capito quanto sia complesso il mondo dell’immaginazione, e ho pensato che la stessa persona che scriveva “Berenice” o “Ligeia” era quella che scriveva “Re peste” o “la storia del cuoco francese…ho preso quest’alternanza di buoio e ombra, cioè scrivere delle storie molto nere e paradossalmente ingenue, molto dolorose e piene di risate improvvise” (Cit da Leggere, scrivere, disobbedire, Mimimum fax, 199, pag 22).
Se Poe gli fornì la curiosità di spingersi nell’antinomia bene e male, con Twain, Borges, Rimbaud e Queneau apprese l’arte della narrazione nel suo aspetto tecnico e simbolico e in Beckett e Kubrick ha visto la verità della visione per la loro capacità di dire “le cose dieci anni prima degli altri”.
Gli interessi di Stefano Benni sono molteplici e la sua produzione oltre ad articoli e piéce comprende racconti, romanzi, opere teatrali, musical, film e disegni. Una delle caratteristiche che rende Benni uno scrittore che va oltre la scrittura è infatti la sua capacità di riunire in un romanzo, come in un articolo o nelle battute di uno spettacolo umoristico alcune forme d’arte che talvolta si spintonano e si guardano dall’alto in basso, come la musica, la filosofia o la letteratura scrictu sensu.
Il primo dei suoi numerosi lavori in ordine di tempo risale al 1976, ed è l’antologia intitolata “Bar Sport” pubblicata da Mondadori . Ormai un classico della narrativa umoristica, a renderlo ancor più famoso è stata la sua trasposizione cinematografica nel 2011. Tra i romanzi si possono citare “Terra” del 1983, dove la vena satirica del suo autore si sbizzarrisce nella costruzione di un mondo apocalittico dominato da personaggi sui generis, “La Compagnia dei Celestini” (1992), “Elianto” (1996), “Saltatempo” (2001), “Margherita Dolcevita”(2005), “Di tutte e ricchezze” (2012).
Altri racconti divenuti cult della letteratura benniana sono “Il bar sotto il mare”, “Bar Sport Duemila”, “Pane e Tempesta” mentre fra le poesie figura per lo spessore socio-politico “El Senor Fulci” scritta con palesi riferimenti al perenne conflitto israelo-palestinese:
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Così dissi al Señor Fulci: e lui
guardava i disegni e scuoteva
la testa. E non sorrideva
d’improvviso gridava, feroce:
“Non ficcate il naso nelle nostre cose
ebrei e palestinesi che siate
non c’è niente da vedere
assolutamente niente da vedere!”
e mentre parlava rividi dietro a lui i soldati
e le scritte sui muri e le donne delle moschee
e volavano i sassi e le fucilate
e le cose tristi erano ritornate
e anche un poco di speranza
Nonostante la sua notorietà sia nata grazie alla carta stampata e la Televisione, con il passare degli anni Benni ha assunto un atteggiamento sempre più schivo e distaccato nei confronti del mondo dello spettacolo preferendo l’utilizzo del web per comunicare con i suoi lettori ed il suo pubblico.
Alcuni anni fa ha fondato il Gruppo Lupo, un movimento che riunisce alcuni intellettuali, comici, cantautori e firme giornalistiche italiane ed internazionali. Questa organizzazione si propone di adoperarsi nelle situazioni in cui è richiesto un intervento umanitario e nasce dalla volontà di Benni e di altri colleghi di dare il proprio contributo ma senza far rumore : “lo so che il termine è brutto- scrive su Leggere, scrivere, disobbedire– ma bisogna cercare in tutti i modi di fare sul serio e di fare arrivare veramente il tuo aiuto dove serve, di cercare di capire se non è un aiuto ambiguo: devi entrare in un rapporto di amicizia vera e propria con le persone che aiuti o che si occupano della questione” (cit pag 76).
Un aneddoto ricorre tra le sue biografie, dobbiamo a Benni l’ingresso di Pennac in Italia in quanto fu lui a convincere la casa editrice Feltrinelli a pubblicare il suo romanzo-saga sui Malaussene e da allora si dice siano anche grandi amici.