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Quando lo haiku non è zen: Yosa Buson

Anche se di solito si parte dalla descrizione del genere letterario, per poi passare a formulare casi ed esempi particolari, questa volta vorremmo effettuare l’operazione inversa, partendo dalla personalità esemplare – e a tratti spiazzante – di Yosa Buson. Crediamo infatti che storie come la sua possano aiutare la nostra sensibilità occidentale a comprendere meglio stilemi così differenti da quelli a cui la letteratura e la storia della critica nostrane ci hanno abituato.

Considerato uno dei quattro pilastri della poesia haiku giapponese insieme a Matsuo Bashō,  Kobayashi Issa e Masaoka Shiki, Taniguchi Buson nasce in un villaggio della provincia di Settsu (l’odierno territorio corrispondente ad Osaka) nel 1716. Trasferitosi a vent’anni prima ad Edo (l’odierna Tokyo) e poi nella provincia di Shimo-Usa, seguì le orme del suo maestro ispiratore Bashō, sebbene con il tempo imparò a distanziarsi da lui assumendo uno stile proprio e maturo rispetto a quello che sarebbe derivato da una banale e arida imitazione della fonte. Fu proprio in questo periodo che, esplorando a Nord l’isola di Honshu, diede vita all’opera Oku no Hosomichi (“l’angusta via del profondo Nord”) e dalla cui esperienza scaturirono i relativi appunti pubblicati nel 1744 sotto il nome di Buson.

La personalità artistica di Buson non si fermava però alla letteratura: i suoi interessi profondi arrivavano fino allo studio delle pitture cinesi di epoca Ming e Yüan, portandolo a subirne l’influenza nelle proprie opere. Sposatosi all’età di quarantacinque anni, iniziò a firmarsi con il nome di Yosa, probabilmente ricordando il nome del villaggio natale della madre: le sue opere furono contraddistinte, come abbiamo accennato poco fa, da una forte impronta del maestro ispiratore Matsuo Bashō, pur tuttavia discostandosi da lui in merito ad alcuni punti chiave di tipo stilistico, più che tematico.

Se riguardo al secondo punto fu ripreso, infatti, il filone riguardante l’esistenza umana e le tematiche naturali, passando per un buon livello di descrittivismo letterario; per quanto concerne l’aspetto dello stile, Buson riversa su ogni suo componimento tutta la sua personalità, e lo fa immergendosi totalmente nelle atmosfere ricreate magistralmente mediante gli schemi tecnici affinati nel tempo.

In altre parole, se ci aspettiamo di collegare in maniera quasi del tutto consequenziale l’idea piuttosto generalista dell’haiku a quella del distacco zen e dell’estrema scissione espressiva del poeta dal componimento, allora siamo fuori strada. Il manierismo dell’espressione lirica di Yosa Buson, in questo caso, ci apre un mondo tutto diverso che invitiamo ad esplorare più a fondo.