Sai, mamma, a volte è difficile dirti le cose. Un po’ perché ho quattordici anni e sto diventando grande, un po’ perché sai anche tu come sei: ti preoccupi sempre per le cose di cui non dovresti.
Ecco perché non ti avevo mai confessato nulla. Preferivo che tu stessi tranquilla, hai già i tuoi problemi a cui pensare: il lavoro, i soldi, Marco che tra un po’ comincia l’università… Sono sicura di aver fatto la cosa giusta tenendoti tutto nascosto.
Ho solo quattordici anni (anzi, quindici a maggio, che è ormai vicino), ma sembro più grande. Me l’hanno detto in tanti e lui mi aveva anche detto che sono matura e conversare con me era come parlare con una ventenne. Mi aveva confidato che non si trovavano mai ragazze mature come me alla mia età.
Lui si chiama Carlo, l’ho conosciuto su Facebook, mamma.
Ha cominciato a scrivermi dopo aver visto una delle mie foto profilo. Si è presentato e mi ha detto che sembravo una ragazza davvero carina, che il mio sguardo era ipnotico e che avrebbe voluto sentire se i miei capelli erano morbidi come appariva dalle foto.
Aveva trentadue anni, ma ne dimostrava molti di meno, era anche molto carino. All’inizio avevo paura: sono ancora giovane ma non sono stupida e so che sono tantissimi i pedofili che adescano le minorenni tramite Facebook e altri social network, come Netlog. Però lui è stato onesto, mi ha rivelato subito la sua vera età e mi ha assicurato che non voleva che succedesse nulla tra noi. Secondo lui, quando qualcuno desidera fare un bel complimento ad una ragazza, non deve tirarsi indietro, perché si sa che alle donne fa piacere sentirsi dire che sono belle. E un complimento non presuppone che uno voglia provarci con te.
Aveva bisogno di qualcuno con cui parlare, ecco tutto. Faceva tenerezza: mi ha confidato che di amici veri non ne aveva neanche uno e che la sua ragazza l’aveva mollato da poco, così lui era caduto in depressione e stava cercando di uscirne. Volevo sinceramente aiutarlo, ecco perché ho cominciato a chattare con lui su Facebook. Gli ho anche lasciato il mio numero di cellulare, così ogni tanto mi chiamava. Diceva che grazie a me si era tirato un po’ su e io mi sentivo tanto orgogliosa, perché avevo aiutato un uomo a guarire da una malattia terribile.
Carlo mi faceva sempre un sacco di complimenti, anche sul mio aspetto fisico. Diceva che ero carina, ma anche altro che però non voglio proprio confessarti, mamma. Alla fine tu sei sempre mia madre e non posso dirti proprio tutto tutto.
Quando mi diceva qualcosa di “strano”, all’inizio mi sentivo a disagio e sentivo un brivido poco piacevole che partiva dalla schiena e mi prendeva anche lo stomaco. Io stavo zitta e non parlavo, perché conoscevo la sua teoria sul fare dei complimenti alle ragazze ed ero sicura che fosse solo un modo per esternare i propri pensieri. Alla fine tutti pensano certe cose, no? Solo che normalmente non le dicono.
Dopo qualche mese, Carlo mi ha annunciato che doveva fare delle commissioni in un posto non molto lontano da casa nostra e voleva conoscere di persona il suo “angelo custode”, che poi sarei io.
Te lo giuro, mamma, non sono stupida e non gli ho detto subito di sì. Anzi, ho tentennato un po’, dicendogli che tu e papà non avreste voluto, che avevo tante cose da fare, che il paese è piccolo e tutti parlano, eccetera eccetera. Non l’avessi mai fatto! Ha cominciato ad insultarmi pesantemente, accusandomi di essere un insensibile, un’egoista , e urlandomi addosso che l’avevo usato, che per colpa mia ora sarebbe ricaduto in depressione. Quasi piangeva, mentre mi vomitava addosso queste cose. Mi sono sentita uno schifo di persona, così ho accettato il suo appuntamento.
Al momento di incontrarci, però, non mi sono presentata.
Ha provato a ricontattarmi, ma l’ho sempre respinto. Usava la scusa della depressione, ma non mi interessava. Ora avevo paura di lui.
Non preoccuparti più per me, mamma, non si è più fatto vivo. L’ultima volta che l’ho visto è stato durante quel servizio al telegiornale, quello sull’uomo che adescava le ragazzine minorenni, ti ricordi? Lui era in manette, scortato da due agenti in divisa. Mi ricordo che hai commentato: “ma guarda tu, che gente disgustosa che gira per il mondo”.
Forse non te ne sei accorta, ma quella sera non ho nemmeno finito il piatto di pasta che c’era per cena e mi sono fiondata in bagno a rimettere quel poco che avevo già mangiato.
Ora però è tutto finito, mamma. Va tutto bene.