L’Antologia di Spoon River è una mia vecchia, cara amica. Nell’edizione Einaudi del 1970, con la prefazione di Fernanda Pivano, mi accompagna da decenni. Ha attraversato molti traslochi ed è sempre qui, con la sovraccopertina un po’ ingiallita e sdrucita e qualche sottolineatura a matita qua e là. E poi per la mia generazione Spoon River e i suoi morti sulla collina rimandano all’album di De André, Non al denaro, non all’amore né al cielo, le cui canzoni accennavamo al suono di una chitarra, seduti a gambe incrociate su spiagge illuminate dalla luna e dai piccoli fuochi rossi delle sigarette, oppure sui tappeti di stanze che non avevano divani, sedie e poltrone sufficienti per tutti.
Ogni tanto rileggo qualche pagina e ritrovo intatte le sensazioni delle prime letture. Mi affascinava e mi affascina la precisione dei ritratti tracciati con poche, efficaci pennellate. Intere esistenze raccontate attraverso la messa a fuoco di una vicenda essenziale, quell’unica, definitiva esperienza che in certi casi illumina il futuro fino alla consumazione dei giorni, in certi altri uccide ben prima che il cuore smetta di pompare.
Spigolando tra quelle pagine amate ho ritrovato Louise ed Herbert. Due che si sono amati, un tempo. Poi Herbert scopre che Louise non riesce a renderlo felice e sceglie un’altra donna; Louise resta sola con il suo amore e il suo dolore rabbioso. Si può immaginare storia più banale e trita e mille volte sentita? Eppure queste due liriche, che la narrano prima dal punto di vista di Louise e poi da quello di Herbert, sono difficili da dimenticare. La parabola dalla passione al disamore è molto utilizzata in letteratura, ma non sempre con altrettanta intensità ed efficacia. E in soli ventotto versi: un miracolo della scrittura densa, che non diluisce le emozioni in troppe descrizioni. I versi finali delle due liriche, scolpiti nella mia mente dalla prima frequentazione delle pagine di E.L. Masters, sono ancora oggi fra le mie citazioni preferite.
Rosalia Messina
Louise Smith
Herbert ruppe il nostro findanzamento di otto anni
quando Annabella ritornò al villaggio
dal collegio, ahimè!
Se avessi rispettato il mio amore,
forse sarebbe diventato un bel dolore –
chi sa? – riempiendomi la vita di profumo.
Ma io lo torturai, lo avvelenai,
lo accecai, ed esso si mutò in odio –
edera mortale invece che clematide.
E l’anima cadde dal suo sostegno,
i suoi vitivvi s’intricarono in rovina.
Non lasciate la volontà a farvi da giardiniere nell’anima,
a meno che siate sicuri
ch’essa è più saggia dell’anima vostra.
Herbert Marshall
Tutto il tuo dolore, Louise, e il tuo odio per me
nacquero dalla tua illusione, che fosse leggerezza
di spirito e disprezzo dei diritti della tua anima
ciò che mi fece volgere ad Annabella e abbandonarti.
In realtà tu prendesti a odiarmi per amor mio,
perché io ero la gioia della tua anima,
formato e temprato
per risolverti la vita, e non volli.
Ma tu eri la mia disgrazia. Se tu fossi stata
la mia gioia, non mi sarei forse attaccato a te?
Questo è il dolore della vita:
che si può essere felici solo in due;
e i nostri cuori rispondono a stelle
che non voglion saperne di noi.
Edgar Lee Masters