Spostò la manopola sul pallino rosso e attese che l’acqua si scaldasse. Non appena vide il vapore condensarsi piano piano sul vetro della doccia si mise sotto il getto d’acqua. Poggiò la testa contro il muro. Doveva rilassarsi, fare il possibile perché le domande smettessero di pungerle la mente come aghi di pino.
Si sarebbe lavata con molta calma. Si sarebbe asciugata. Avrebbe raggiunto la cucina, preparato un caffè e lo avrebbe salutato normalmente. Se invece lo avesse trovato ancora a letto beh, niente, avrebbe scritto su un bigliettino che se n’era andata. Senza lasciare alcun recapito telefonico, oppure l’indirizzo di casa sua.
Non capiva perché si sentisse così a disagio.
Non si sarebbero più rivisti, no?
Si immerse nell’accappatoio, e poi sedette sulla tavoletta del water abbassata. Stette lì, così, a sentire le gocce d’acqua cadere dai capelli fino a terra, oppure a scivolarle addosso. Il collo, i seni, le gambe, i piedi.
Poi si alzò, con i capelli ancora umidi. Non si guardò allo specchio.
Uscì dalla porta del bagno, e per un attimo rabbrividì: aria fredda, lo sbalzo termico.
Lui era in cucina, già vestito. Camicia e cravatta, pantaloni neri. Quell’aria da stronzo che la sera prima l’aveva colpita molto era ancora appiccicata alla sua faccia.
In mano teneva una tazza di qualcosa di bollente. Caffè o the. Beveva a piccoli sorsi, le dava le spalle.
La vetrata enorme da cui lui guardava fuori offriva una città già sveglia e frenetica. Chissà che ore erano.
All’improvviso tutta quella voglia di andarsene, di salutarlo, del biglietto – tutto era sparito.
Avrebbe voluto accoccolarsi a lui. Poggiarle anche solo la testa sulla spalla, null’altro.
“Sono qui”, disse.
Che cosa stupida.
Avrebbe potuto salutarlo, tossire leggermente, schiarirsi la gola, lanciare un segnale della sua presenza…
Sono qui.
Aspettò lui si voltasse per guardarla, sorriderle, offrirle un sorso di caffè o the, domandarle come stesse.
Niente.
“Hai già fatto colazione?”, gli domandò.
Lui annuì, sempre senza voltarsi. Poi con il braccio indicò la tavola, che era vuota.
Forse avrebbe dovuto andarsene.
“Ho capito. Io non ho molta fame, penso prenderò qualcosa per strada. E’ tardi…credo.”
Lui non la trattenne. Fu questo che le spezzò il cuore: lui non la trattenne.
“Come vuoi.”, rispose lui.
E lei uscì, senza salutare, e lui nemmeno.