Invisibile e invincibile
è lo stampo che porto dentro di me,
stampo del mondo impresso a me nel mondo
e che mi fa essere al mondo
soltanto nella forma dello stampo.
Dov’è la libertà, se la malinconia
Raccoglie le sue nuvole senza nessun perché?
Sto qui e subisco il loro lento transito
solo aspettando
all’ombra di me stesso.
Valerio Magrelli
“Quale poeta è amico di se stesso?” con queste parole Magrelli dichiara che, come molti di noi, riconosce l’esistenza di un proprio io interiore con il quale fare i conti giorno per giorno. Il suo io invisibile pensa, soffre, si emoziona e dialoga con il visibile di se stesso. Nella poesia che oggi vi propongo è ben evidente la presenza dell’anima del poeta proiettata in una realtà contingente, che, fin dai primi versi, tenta di darsi un’immagine esteriore, uno “stampo” impresso su di lui, che corrisponde all’immagine che il mondo stesso ha del poeta stesso. Nella raccolta “Il sangue amaro”, di cui questa poesia fa parte, Magrelli si scaglia sempre più da vicino contro il proprio io: nell’intero volume descrive la società come un branco di animali che “circolano continuamente tra dentro e fuori” (citando le parole di Maria Grazia Calandrone), fino ad avvicinarsi a se stesso più cosciente di ciò che sta per vedere. C’è una sorta di ironia e di critica sociale nei versi che vi propongo oggi, in quanto è la società ad imporci un’immagine che prenderà il sopravvento su quella interiore poiché più tramandata nel tempo, più descritta e comune. Finchè nella seconda parte della poesia non sopraggiunge il mostro della Malinconia: essa fa il suo ingresso nell’istante in cui il poeta scopre l’amarezza di essere solo uno “stampo”, e sfiduciato si interroga sul perché esiste un movimento della natura; che motivo abbiamo di muoverci frenetici se quello che siamo diventa solo immagine di un noi che non ci appartiene? E così il poeta vive “all’ombra di se stesso”, lontano dalla sua antica fiducia nell’autoaffermazione e nella coscienza di sé. Citando ancora la Calandrone: “Farsi uomo è darsi in pasto, darsi in sacrificio. Ci mantiene vivi il conforto del branco che si protegge vicendevolmente”, ma tutto ciò appare amaro per il poeta. Niente occorre più all’uomo dal momento in cui realizza di essere solo uno spettacolo per le nuvole, cibo per voci di quartiere e strumento di ispirazione per disegni comuni, freddi e che negano l’esistenza di persone fatte di sangue e non di cartone.