Sto leggendo, in questi giorni, Il trono vuoto, il romanzo di Roberto Andò portato sullo schermo dallo stesso autore, che nasce regista. Ho visto il film (Viva la libertà). E mi è piaciuto. Adesso sto apprezzando anche il romanzo. E siccome non scrivo recensioni, ma solo spigolature, come non mi stanco di dire, mi concedo il lusso di spendere qualche parola a proposito di un libro che non ho ancora finito di leggere. Perché no? Non sono obbligata a scrivere (e i lettori non sono obbligati a leggere) una dettagliata e al tempo stesso sintetica illustrazione del contenuto dell’opera, che dia conto di pregi e difetti, illumini i temi centrali e, insomma, faccia venire (o passare) la voglia di leggerla. A me piace pensare che una suggestione, una riflessione estemporanea possano suscitare curiosità nei viandanti del web; un’idea del libro poi ognuno se la farà avendolo tra le mani.
Mi limito a dire, della trama, che mi affascina il meccanismo che porta Enrico ed Ernani, fratelli gemelli che non si vedono da decenni, a scambiarsi la vita. Più precisamente, è Ernani, il professore di filosofia, l’originale, strampalato e asociale fratello del leader del maggior partito d’opposizione italiano, a prendersi la vita dell’altro, insediandovisi, in un momento in cui questi fugge da tutte le sue responsabilità (la politica, la famiglia) per rifugiarsi in un altro paese, per bussare alla porta di una donna del passato che gli fa spazio nel suo presente: situazione tipica, la fuga verso il passato di un uomo incapace di immaginare un futuro e la generosità accogliente di una donna che non ha bisogno di sbattergli la porta sul muso per difendere un presente già pieno di tutto quel che conta, affetti, legami familiari, un lavoro soddisfacente. Ma tutto questo è solo un espediente, mi sembra, cui l’autore ricorre per introdurre il tema che gli sta davvero a cuore, quello della manipolazione del reale insita nell’esercizio del potere: “La democrazia è il luogo della compravendita dei segreti e della paura, un luogo in cui tutti, prima o poi, possono aver bisogno di modificare la propria biografia. Tutti i potenti presumono di potere alterare la bozza della propria vita con una copia, giocando sul fatto che ormai è sempre più difficile distinguere i falsi dagli originali“. Così dice Ernani a un giornalista che crede di parlare con Enrico.
Spero di aver suscitato un po’ di curiosità sia in chi ha visto il film, sia in chi si accosta vergine a questo romanzo, senza che i dialoghi effervescenti e le descrizioni asciutte di Andò evochino i volti, le mimiche e le voci di Toni Servillo e di Valerio Mastandrea.
Un’ultima impressione, a proposito della prosa asciutta e dei dialoghi intriganti di Andò: si sente che il libro è stato scritto da un regista. L’intreccio prevale sul modo di raccontare. Questo tipo di lettura accende una specie di schermo interiore sul quale scorrono le immagini; credo che ciò avverrebbe anche se non ne fosse già stato tratto un film o se il lettore non lo avesse visto.
Rosalia Messina