Amanda lavorava come cameriera in un bar-trattoria aperto ventiquattro ore su ventiquattro.
Suo marito aveva perso il lavoro circa un anno fa e da allora non riusciva a trovare un impiego, se non saltuariamente come riparatore di questo o di quello.
L’unica che portava i soldi in casa era lei, visto e considerato che i due figli facevano l’uno le scuole medie e l’altro quelle superiori.
Tutti i giorni guidava fino a Palmer Street con la sua macchina mezza scassata, parcheggiava davanti all’ingresso ed entrava al Chelsea Pub.
Lì dentro non aveva amici: l’unica con cui era riuscita ad instaurare un rapporto era Donna, che però si trasferì in un’altra città con il marito e la figlia. Da allora Amanda non l’aveva più sentita, nonostante le due si fossero più volte promesso di scriversi.
Accadde tutto quel giorno.
Stava servendo al tavolo numero 4 due hot dog con maionese ed una porzione media di patatine fritte. I clienti erano due camionisti che spesso si fermavano là. Amanda non conosceva i loro nomi ma sapeva benissimo che tipo di uomini fossero: dei classici camionisti, appunto.
Quando consegnò i piatti ai clienti e fece per raggiungere altri tavoli per prendere le ordinazioni sentì uno dei due commentare il suo fondoschiena:
“Hai visto che crosso quel culo?”, domandò uno dei due, e l’altro rispose: “Sì, da non crederci. Sembra un trattore”.
Inutile dire quanto risero, quei due, dandosi gomitate e sistemandosi i capelli sudati dietro le orecchie.
Amanda udì perfettamente quei commenti, e si morse il labbro: quante volte si era ripromessa di mettersi a dieta; eppure lei stava bene così. Suo marito Gerry più volte le aveva detto di non preoccuparsi, che quella della dieta era una sua fissa, che sì, ok, non era magra, ma era una bella donna e lui l’amava così.
Le montò su una rabbia che per un attimo pensò di levarsi di dosso il grembiule e ritornarsene a casa.
Se solo ci fosse stata Donna. Donna con i suoi complimenti, con i suoi sorrisi e le sue rassicurazioni.
Quando arrivò a casa, verso le nove di sera, Gerry le domandò subito che cosa avesse.
“Sono furiosa!”, urlò lei. “Oggi due bastardi mi hanno detto che sono grassa! Li ho sentiti!”.
A nulla servirono le parole di Gerry, che si era appena svegliato da un sonnellino sul divano. La televisione era ancora accesa ad alto volume, e per terra una lattina di Diet Coke stava tutta schiacciata.
“Mi metterò a dieta! Questa volta sul serio!”, furono le ultime parole di Amanda, prima di rinchiudersi nel bagno.
Si pesò, scrisse su un foglietto i suoi chili e preparò la cena.
Mise a bollire la pasta, la condì con del semplice sugo di pomodoro al basilico ed impanò due cotolette di pollo.
L’ultima cena come si deve e da domani si comincia la dieta, si disse.
Nei giorni seguenti cercò di evitare tutti i carboidrati. Bevve più acqua possibile, parcheggiò l’automobile non più davanti al suo pub ma un po’ più indietro (in modo tale da poter camminare un po’) e dopo la cena si preparava una tisana digestiva, da bere prima di andare a dormire.
Inizialmente gli sforzi per dimagrire sembrarono vani, ma piano piano, quando la sera si pesava, notava che le lancette segnavano ora un chilo ora due chili in meno.
Era molto soddisfatta.
Se solo quei due pezzi di merda si facessero vedere saprei io come sistemarli, pensava e ripensava ogni mattina, alla guida della sua auto diretta verso il Chelsea Pub.
Ma quei due non tornarono più, e dopo qualche settimana di dieta, privazioni, sacrifici e tentazioni, mandò al diavolo tutto quanto, e quando Gerry, per farle una sorpresa, andò a trovarla al lavoro e ordinò un hamburger, lei guardò l’orologio e disse: “Senti, ordinane due: fra cinque minuti ho la pausa pranzo. Io lo voglio con il ketchup, tu come lo prendi?”.