Non c’è da prendersi in giro. Consumiamo voracemente qualsiasi cosa ci capiti a tiro, senza badare a cosa va perduto per la strada. Lo facciamo con i rapporti, con le cose, con i libri. Si fa sempre meno attenzione alla qualità della scrittura, ai lunghi periodi così pieni di vita. Flaubert scriveva: «Il faut se faire des harems dans la tête, des palais avec du style, et draper son âme dans la pourpre des grandes périodes» (Bisogna farsi degli harem nella testa, dei palazzi con lo stile, drappeggiare la propria anima della porpora dei grandi periodi).
Eppure i tempi stanno visibilmente cambiando. L’ultima trovata è quella di sfruttare, in chiave creativa – e perché no? Ironica – un’abitudine ormai consolidata, quella di descrivere un libro che ha sortito un effetto su di noi. È nato così #fallabreve, iniziativa targata Twitter che ha spopolato sul social network autorizzando lettori di ogni provenienza a firmare la propria personalissima sinossi dei classici più conosciuti.
Tra le migliori:
«È stata una lunga giornata», sinossi di Ulisse di Joyce
«Potrebbe essere una lunga giornata», sinossi di Aspettando Godot di Beckett
«Disaccordi familiari», sinossi (eufemistica) de I fratelli Karamazov di Dostoevskij
«Ho una madre protettiva», compendio (edipico) di Lamento di Portnoy di Philip Roth
«Sarà un breve soggiorno», sinossi (riferita alla discrepanza intenzionale) de La montagna incantata di Thomas Mann
«Non piangere sul sangue versato», sinossi di Delitto e castigo di Dostoevskij
«Abbiamo creato un mostro», sinossi di Frankenstein di Shelley
«Sulla cresta dell’onta», sinossi de La lettera scarlatta di Hawthorne
«Gli do altri cinque minuti, poi vado via», sinossi (alternativa) de Il deserto dei tartari di Buzzati
«Se becco chi mi ha detto che le balene mangiano solo plancton, lo fiucino», sinossi di Mobydick di Melville
«Vabbeh essere schizofrenici, ma lei esagera!», sinossi di Uno nessuno e centomila di Pirandello
«Ma non sarebbe stato meglio prendere un due stelle?», sinossi di Shining di Stephen King
Gli hashtag hanno a dir poco spopolato, questo è certo. Ma, vien da chiedersi quale sia l’origine della popolarità di frasi così brevi, sebbene simpatiche per certi versi. Che non si tratti, forse, di un primo passo verso un nuovo tipo di narrazione? La ricerca di qualcosa che non sia ciò a cui secoli e secoli di letteratura ci hanno abituato?
I lettori di oggi preferiscono forse le storie brevi?
Eppure, quel che sono portata a credere è che la fretta di leggere per poi mettere subito da parte sia controproducente, sia l’esatto opposto del concetto stesso di letteratura. Mi torna alla mente ciò che Alessandro Piperno ha scritto sull’inserto culturale de Il Corriere della sera di qualche domenica fa:
Ecco uno dei consigli più preziosi che mi dava il mio Maestro: «Non legga avidamente. Legga con lentezza. E quando finalmente incontra una grande immagine, per carità di Dio, chiuda il libro. Non vada avanti. Se la goda un po’, quella immagine. Se la porti a letto, al bagno, al ristorante. Non se la lasci scappare. Ci giochi un po’. La stravolga se necessario. La modifichi a suo piacimento. Se ne appropri. A questo serve la letteratura».