Tu vorresti essere così, stare lì, correre nei binari, condurti verso un’esistenza giusta, ordinata, buona. E invece, talvolta, finisce che sei cattivo, che sbagli, che scantoni, che diventi il pilota di un te stesso improvvisamente ingovernabile. E di chi è la colpa? Sei ancora tu, quando ti succede di non saperti controllare? Io la chiamo forza centrifuga: quel rigurgito di selvaggio, o quell’incoscienza adolescenziale, l’amore nebbioso e totale che ti sbattono con forza fuori da te stesso mentre stai prendendo una curva della vita troppo forte.
Tre libri tutti forza centrifuga, insomma, come sempre per under10. In realtà, due più uno che non saprei bene dove mettere. Ma andiamo per ordine.
Le avventure di Pinocchio, Collodi (illustrazioni Leo Mattioli, Clichy)
«C’era una volta… – Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno».
Se non avete mai letto prima questa citazione, state leggendo il blog sbagliato. Chiudete la finestra, riapritela e digitate chessò, nonsoleggere.com, vadoagliapericenaesevabeneleggoilmenu.it. Robe così. Dai, fa niente. Alla prossima. Ciao eh. Ciao.
Per tutti voi altri: questo Pinocchio, edizione integrale nella smagliante lingua di un Collodi in stato di grazia e con le illustrazioni generose e indimenticabili di Leo Mattioli, è un monumento assoluto; unisce due toscani che hanno saputo più di tutti ribaltare e ridefinire stili e tradizioni. Un po’ come Lee Masters o Mozart, per capirci, e non credo affatto di esagerare. Lo sapeva probabilmente Collodi stesso, che arrivava dalle traduzioni di Perrault: con quel suo discolo burattino – in realtà marionetta, si confuse di termine: glielo perdoniamo? – pose in maniera irripetibile la pietra miliare del concetto di “romanzo di formazione”. La sua produzione successiva non è stata all’altezza del colossale Pinocchio, ma insomma, alzi la mano chi mai se ne lamenterà.
La lussuosa ristampa di Clichy vale doppio per le illustrazioni datate 1958 di Mattioli, altro colosso della propria arte: scuro, deciso, con tavole che paiono design pubblicitario applicato alla fiaba, ha il tocco più per Pinocchio e le sue (dis)avventure, ed è un riferimento per molta illustrazione da quel momento in avanti. Cancellerete finalmente dai vostri ricordi quel fastidioso tappetto alla zuava firmato Disney, regalerete ai vostri figli qualcosa di emozionante, imprescindibile e sempre moderno; e vi troverete a rileggerlo commossi senza nemmeno accorgervi di avere di nuovo otto anni.
Oh no, George!, Chris Haughton (traduzione di Chiara Stancati, Lapis)
Harry è il padrone, George il suo cane. Harry è piccolino, con un grosso nasone verde e capelli sgarrupati; George è tutto muso e orecchie, con degli occhioni curiosi e spiritati che lasciano presagire guai. E infatti: fai il bravo mentre esco, George, si raccomanda Harry. Parole buttate: George sbrana la torta, scava nei vasi, distrugge i mobili lottando con Gatto; ma lui, insomma, lui alla fine sarebbe buono: è che è fatto così, ed è difficile diventare colì. Harry, che ha il cuore di burro, porta comunque George a passeggiare al parco, ed è lì che il cagnolone si redime: non mangia le torte altrui, non scava buche per terra e addirittura non insegue Gatto in cima agli alberi – e di questo Gatto è un po’ deluso, ma sorvoliamo. Finché davanti a George compare un cassonetto odoroso; e George ama rovistare nei cassonetti odorosi…
Chris Houghton nasce designer, ma a quanto pare con i libri per bambini ci sa fare avendo vinto ogni premio possibile – ultimi, nel 2013, il Premio Andersen di categoria e quello di miglior libro in assoluto. Il suo precedente Oh-Oh!, con un gufetto che scivola dal nido perdendosi nel bosco, giocava sul formato variabile delle pagine, che sfogliandosi animavano la storia; quello del cane George è invece un volume più classico, da amare per le espressioni facciali dei personaggi, per il buffo font dei testi e per la vicenda in cui ognuno di noi, di qualsiasi età, si riconoscerà – dall’una o dall’altra parte della barricata. Cominciate con quel pasticcione maliardo di George e proseguite con il gufetto di Oh-Oh!: avrete ogni bambino (0-6 anni) ai vostri piedi.
Il Babau, Lisa Biggi (illustrazioni di Marco Scalcione, Nero Press Edizioni)
Attenzione: non credo che Il Babau sia del tutto un libro per bambini. E che ci fa qui, quindi? Niente, è meraviglioso. In effetti potrebbe esserlo, un libro per bambini: l’editore (o l’autore? O entrambi?), giovanissimo e specializzato in letteratura “scura”, in quarta di copertina lo definisce “Un racconto circolare in un libro rettangolare, per tutte le età”; sul sito si accenna a un’ampia fascia 7-12 anni. Personalmente, da adulto – ADULTO? Oh cavoli, e quand’è successo?! – l’ho sfogliato cercando di capire cosa potrebbe leggere un bambino tra queste righe. E insomma, non lo so, valutate voi: e se il Babau fosse così perché gli si è inaridito il cuore dopo tanta curiosità? E se una Lei si innamorasse di lui, entrando in empatia totale con le sue emozioni? E se ne uscisse, questa Lei, distrutta come lo stesso Babau, cambiata lei da chi voleva cambiare? Beh, raccontata così sarebbe da lucciconi, ma troppo “alta” per i destinatari. Eppure i testi hanno leggerezza, musicalità e compiutezza poetica che rassicurano, pur con un linguaggio non certo semplice. E i disegni possiedono un tratto e una visionarietà – che bella, lei, mentre sbircia dentro la Luna scoperchiata; o mentre si trova avvolta di uccellini fatti di due linee e un cerchio che sembrano parlare – che un adulto amerà a prima vista, ma che forse un bambino leggerà in modo diverso, obliquo. Chissà, un cresciuto capirà la storia; ma chi deve ancora crescere forse ci si lascerà rapire senza porsi troppe domande. E secondo me, a ben pensarci, potrebbe avere ragione lui.