Mi hanno chiesto di giocare a calcio. E io, scusandomi, ho dichiarato di non essere disponibile e in via perdurante. I signori della domenica, quelli che lavorano e vivono per il calcio hanno storto il naso, volevano che entrassi in campo e subito. Si sa che lo spettacolo di un filosofo che gioca a calcio può fruttare chissà quanto! Ebbene, io penso che prima di fare strani movimenti con il naso bisognerebbe riflettere, ragionare sul calcio o sul senso del perdurante. In fondo, cos’è ciò che perdura se non la forma dell’eterno e dell’immutabile? Miei cari Signori, che pendete dai piedi altrui, dalla magica palla, come per apprendere il senso della vita, sappiate che Platone non ha il tempo per scendere in campo. Non è spocchia, per carità! Non è astio nei confronti del calcio. Anzi, Platone non scende in campo perché si sta occupando dell’anima del pallone; è intento ad applicare i principi filosofici per tentare di afferrare cosa si nasconda dietro il calcio, per discernere ciò che è vero da ciò è falso.
Com’è noto, l’anima immortale, è distinta dal corpo. La mia assenza in campo, dunque, potrebbe essere solo il frutto dell’inganno del mondo sensibile.In realtà, anche se il mio corpo che scorre verso ciò che non dura non si presta al gioco, l’idea e l’anima di Platone sono nel campo di gioco.
Rassicuratevi, allora, c’è l’anima che amministra, regge e domina il pallone, quella sfera che porta al cielo dietro la scia di un goal. E’ l’anima, l’anima del calciatore, l’anima della passione.
Orbene, illustrissime autorità del calcio e della domenica, io mi sento in dovere di studiare filosoficamente cosa sia e dove sia la chiave che conceda all’anima il passaggio verso il cielo e in un sol colpo espugni la porta avversaria. In particolare, ho pensato fosse necessario costruire la squadra ideale, con gli undici corpi buoni e giusti. E’ determinante a questo punto, considerare che il corpo di un calciatore, come quello di ogni uomo, è composto di tre parti: la testa il torace e l’addome. Ognuna di queste parti esprime un frammento dell’anima.
La testa è la ragione dell’anima: bisognerà, dunque, assolutamente capire chi è colui che può mettersi in testa, ovvero, l’allenatore, in grado di controllare ragionevolmente una squadra, conducendola senza esitazioni alla vittoria. Sono anni che ci penso. Ma brancolo nel buio!
Il torace esprime la volontà e la fermezza. Ebbene i calciatori di volontà ne hanno da vendere, basta guardarli mentre affrontano l’avversario, non abbassano mai la testa.
L’addome è l’incanto, il desiderio, la pulsione verso la tua squadra, verso la tua curva, verso l’alto della classifica: e chi gioca con il desiderio? Amici miei, ogni calciatore: il centrocampista, il portiere, il difensore o l’attaccante che a questo desiderio devono unire il coraggio e anche la ragione. E la ragione della loro anima può trasmettersi, come per incanto, al mister che avrà, allora, i mezzi per reggere la squadra.
Ma se bastano questi tre elementi per fare un corpo e quindi per fare un calciatore come mai la squadra ideale sembra non esistere?
Passo domeniche e domeniche a rimuginare su una soluzione, ecco perché sono indisponibile. Anzi, ripeto, sembro indisponibile ma la mia anima è nell’area verde, eternamente.
Vedete, carissimi Accademici del calcio, la filosofia non è una sciocchezza e io devo penetrare completamente nei suoi meandri. Aiutatemi anche voi. E’ dunque opportuno, anzi è necessario, che pensiate per tempo a tutto questo. Riflettete su quanto vi dico e non agite in modo insensato, credendo di avere successo.( Dalle Lettere di Platone).
Per questo non storcete il naso se ho deciso di non giocare a calcio.
Ai miei detrattori dite: Platone studia il calcio. L’anima del calcio.