Questa volta propongo un libro inconsueto, dal titolo strano: “… e distillando sogni”; il sottotitolo è “La poetica di Stefano Rosso”. Ora, che l’autore, Santino Mirabella, fosse eclettico lo sapevo. Che potesse stupire chi lo segue con iniziative originali non è una novità. Ma un libro sui cantautori e in particolare su Stefano Rosso non me lo aspettavo.
Ha ben due prefazioni questo libro, scritte da due miti della categoria: Claudio Lolli, che intitola il suo pezzo “The wind”; Franco Battiato, che ci racconta “Come nasce un cantautore”. Il primo ci parla di un vento che è metafora di cambiamento, di rinnovamento: “Siamo alla fine, meravigliosa, dei Sessanta e si annunciano gli ancora più meravigliosi Settanta. C’è del vento in giro e infatti arrivano dei dischi carichi di vento. Donovan, Catch the wind: acchiappa il vento, non fartelo scappare. Bob: The answer is blowing in the wind’. Allora non può non venire in mente la Ode to the west wind di P.B. Shelley e l’idea romantica dell’arpa eolica, una specie di costruzione materica che il vento fa suonare o risuonare…”. Il secondo conclude così le sue riflessioni su quella che si può chiamare l’età dell’oro dei cantautori : “Una grande determinazione e pochi soldi in tasca. Quale viatico migliore per un ragazzo di vent’anni che veniva dal Sud?”
Sfogliando ancora, c’imbattiamo in una premessa, in cui Santino Mirabella ci racconta quei due mitici decenni di eccezionale fioritura dei cantautori (e non solo di loro), senza nascondersi che definire quell’epoca è impresa impossibile o quantomeno assai complicata: “In realtà non si può dire qualcosa di definitivo, fare punto e tornare a capo, convinti e contenti di avere finalmente, in qualche modo, definito l’indefinibile. Perché indefinibile fu veramente quel momento storico che creò, o almeno pose le basi per creare, un fenomeno dai confini abbastanza chiari dentro la testa e il cuore del fruitore, ma difficili, assolutamente difficili da delineare con parole altrettanto nette e chiare”. Tutto ciò serve a collocare nella giusta cornice storica il protagonista del libro, Stefano Rosso, raccontando in modo affettuoso e accurato – attraverso citazioni, ricordi, foto, disegni, interviste – la storia di un cantautore fra altri cantautori, in una galleria che non registra assenze (e mi astengo dall’elencare nomi, perché non vorrei tralasciarne alcuno, fra quelli che vengono ricordati nel libro). L’autore lo introduce così: “In questo ambito, ai grandi cantautori si affiancava un grande musicista, un grande ‘poeta’, un grande chitarrista, un grande performer che aveva anch’egli intrapreso la strada iniziale di cui si è detto, segnandola anche per qualche anno e poi via via inspiegabilmente (anche e soprattutto per sua scelta) ritiratosi in un’incongrua ombra; dalla quale però tutti potevano vederlo, se avessero voluto. Se lui stesso avesse forse voluto. Insomma, in questo fenomeno del cantautorato italiano, come si colloca un certo Stefano Rossi, in arte Stefano Rosso?” Una risposta Santino Mirabella prova a darsela, cercando di fornirci il ritratto a tutto tondo di un figlio di quei tempi e del suo percorso esistenziale e artistico: dall’incontro con la chitarra agli esordi di un trasteverino, un giovane autodidatta che pur senza studi musicali ottenne anche riconoscimenti importanti (come il diploma di merito al VI Concorso internazionale di Composizione chitarristica “Paolo Bersacchi”), passando per il successo e giungendo a quello che l’autore considera uno spartiacque, l’album Bioradiografie, “per il quale può parlarsi di ciò che c’era prima e ciò che vi sarà dopo; tra l’esplosione del successo, la gestione di esso e l’abbandono”. E poi il fingerpicking, i fecondi anni Ottanta, la stasi creativa dei Novanta, il recupero del 2001, il periodo dell’autoproduzione, la dismissione delle vesti di cantautore per indossare quelle di chitarrista, i nuovi guizzi d’autore negli ultimi anni di una vita intensa, conclusasi il 15 settembre 2008, lo stesso giorno – nota l’autore – in cui scompare Richard Wright, il tastierista dei Pink Floyd.