«Aiutami» e si copre con le mani il viso
tirato, roso da una gelosia senile,
che non muove a pietà come vorrebbe ma a sgomento e a orrore.
«Solo tu puoi farlo» insistono di là da quello schermo
le sue labbra dure
e secche, compresse dalle palme, farfugliando.
Non trovo risposta, la guardo
offeso dalla mia freddezza vibrare a tratti
dai gomiti puntati sui ginocchi alla nuca scialba.
«L’amore snaturato, l’amore infedele al suo principio»
rifletto, e aduno le potenze della mente
in un punto solo tra desiderio e ricordo
e penso non a lei
ma al viaggio con lei tra cielo e terra
per una strada d’altipiano che taglia
la coltre d’erba brucata da pochi armenti.
«Vedi, non trovi in fondo a te una parola»
gemono quelle labbra tormentose
schiacciate contro i denti, mentre taccio
e cerco sopra la sua testa la centina di fuoco dei monti.
Lei aspetta e intanto non sfugge alle sue antenne
quanto le sia lontano in questo momento
che m’apre le sue piaghe e io la desidero e la penso
com’era in altri tempi, in altri versanti.
«Perché difendere un amore distorto dal suo fine,
quando non è più crescita
né moltiplicazione gioiosa d’ogni bene,
ma limite possessivo e basta» vorrei chiedere
ma non a lei che ora dietro le sue mani piange scossa da
un brivido,
a me che forse indulgo alla menzogna per viltà o per
comodo.
«Anche questo è amore, quando avrai imparato a ravvisarlo
in questa specie dimessa,
in questo aspetto avvilito» mi rispondono, e un poco ne ho paura
e un po’ vergogna, quelle mani ossute
e tese da cui scende qualche lacrima tra dito e dito
spicciando.
(Mario Luzi – “In due”, da Nel Magma)
Raccolta del 1963, “Nel Magma” è una raccolta in transito tra le parole ricevute, quindi un’esteriorità, e la coscienza del poeta, dopo che gli fu rimproverato “Tu dici di puntare in alto, di là dalle apparenze, | e non senti che è troppo. | Guardati, guardati d’attorno. Mentre pensi | e accordi le sfere d’orologio della mente | sul moto dei pianeti per un presente eterno | che non è il nostro, che non è qui né ora (…) poni a mente a che cosa questo tempo ti richiede, | non la profondità, né l’ardimento, | ma la ripetizione di parole, | la mimesi senza perché né come | dai gesti in cui si sfrena la nostra moltitudine | morsa dalla tarantola della vita, e basta”. È una poesia dell’ultimo Mario Luzi, di struttura prosastica e dialogica.
Nella poesia che oggi vi propongo possiamo riconoscere la promessa di un amore eterno, vissuto e ancora bramato, che trova un ostacolo, un declino fisico, una vecchiaia che spaventa e immobilizza, anche solo per un istante, le spinte di un sentimento tanto forte, ma tanto precario nella nostra esistenza. L’amore quindi diventa “gelosia senile”, gelosia possessiva per qualcosa che rischiamo di perdere da un momento all’altro, cedendolo, ormai senza armi, al tempo. Il poeta chiede quindi aiuto, di fronte ad una freddezza nelle vene che non vorrebbe far circolare, “offeso” mentre osserva la donna per cui vibra un amore alienato, distratto ormai; “L’amore snaturato, l’amore infedele al suo principio”. Non pensa più alla donna, ma si concentra sul tempo passato con lei, sulla fatica di vivere un’emozione insieme, un sentimento che ha consumato il suo volto ormai rugoso e dimentico. L’unica cosa che riaffiora, tra il silenzio e il tremore di un vecchio, è un ricordo di “com’era in altri tempi, in altri versanti” la donna per cui ha scelto di vibrare in quel tempo.
Ma è pure amore, “limite possessivo”, anche questo, che riceve ora la donna non più amata, che piange ed è dipinta dal poeta con amarezza e dispiacere, ma non con pietà; è un amore immobile e spento, ma comunque amore, perché niente può essere di più, di fronte al declino di ognuno di noi sconfitto dal tempo.