Classificare uno scrittore per la sua bravura è ardua impresa. Classificare la bravura è complicato, d’altronde.
C’è chi sta più attento all’articolazione generale della storia raccontata, chi all’empatia psicologica che lega il lettore ad un personaggio, chi alla categoria settoriale in cui il testo letterario rientra, chi alla linearità dei contenuti, chi alla loro veridicità, e così via.
I gusti personali, al solito, son quelli che tengono avvinghiati i più ad un romanzo o ad una raccolta di poesie in particolare.
Quello a cui un comun lettore non bada è invece un fattore di non trascurabile importanza. L’abilità di uno scrittore si rivela in una lunga serie di dettagli più o meno evidenti che egli si mostrerà capace di mostrare attraverso le proprie opere letterarie. Per i non ‘mestieranti’, non soltanto può risultare difficoltoso riconoscere e attribuire una certa dote ad un nome piuttosto che a un altro, ma ancor di più cimentarsi in quelli che vengono comunemente definiti esercizi di stile.
Presa una trama, la cui rete non va necessariamente infarcita di giri immensi da parte di personaggi numerosi, si procede con un accuratissimo labor limae, che sarà tanto più riuscito quanto meno il lettore sarà in grado di distinguerne i trucchi. Essere in grado di rendere merito più del dovuto ad un soggetto qualunque è dote rara, ma non introvabile. È possibile che si tratti di puro sfoggio retorico, ma il talento risiede laddove lo stile incide sul valore propriamente artistico dell’opera. Si pensi a Proust, la cui mastodontica Alla ricerca del tempo perduto (più di tremila pagine al seguito) racconta – “banalmente” – delle vicende non poco trascurabili del suo protagonista, Marcel, in preda a problematiche che toccano sfere molto personali, la sua insicurezza e la sua fragilità. Eppure l’opera è considerata a buon giudizio uno dei capolavori più importanti della letteratura di tutti i tempi, poiché la maestria nel mostrare l’incredibile dono di cui fu dotato non è stata, forse, rinvenuta in nessun altro fino ad oggi.
Ne è esempio, uno fra i tanti, il brano seguente:
E come l’imenottero studiato da Fabre, la vespa scarificatrice, che per assicurare ai piccoli dopo la sua morte della carne fresca da mangiare, chiama l’anatomia in aiuto della crudeltà e, catturato qualche ragno o punteruolo, gli trafigge con una sapienza e un’abilità meravigliosa il centro nervoso da cui dipende il movimento delle zampe, ma non le altre funzioni vitali, in modo che l’insetto paralizzato, accanto al quale depone le proprie uova, fornisca alle larve quando si schiuderanno una preda docile ed inoffensiva incapace di fuga o di resistenza ma non ancora frollata, Francoise escogitava, per assecondare la sua pervicace volontà di rendere la casa insostenibile da parte di qualsiasi domestico, degli accorgimenti così sottili e così spietati che parecchi anni dopo scoprimmo, che se quell’estate avevamo mangiato asparagi quasi quotidianamente, era stato perché il loro odore provocava alla povera sguattera incaricata di pulirli, delle crisi d’asma d’una violenza tale che alla fine fu costretta ad andarsene.
Alla luce di queste valutazioni, non si può non ricordare il francese Raymond Queneau, il quale prima nel 1947 e poi – in versione aggiornata – nel 1969, pubblicò i suoi Exercices de style: l’opera non è altro che la trasposizione in novantadue modi differenti di una stessa storia breve (un uomo, a mezzogiorno, si trova su un autobus affollato e si lamenta di continuo sulla gente che lo spinge; trovato un posto, lo occupa e si siede; due ore dopo, il protagonista è con un amico, che gli suggerisce di far rammendare un bottone del soprabito). Per diverso tempo è stata rimandata la traduzione, essendo l’opera troppo legata alla lingua francese. A riuscirvi in una vera e propria elaborazione è stato, per l’Italia, Umberto Eco, maestro in quel che ha fatto.
Ne riportiamo qualcuno:
n. 8 – Pronostici
Quando verrà mezzogiorno ti troverai sulla piattaforma posteriore di un autobus dove si comprimeranno dei viaggiatori tra i quali tu noterai un ridicolo giovincello, collo scheletrico e nessun nastro intorno al feltro molle. Non si sentirà a proprio agio, lo sciagurato. Penserà che un tale lo spinge a bella posta, ad ogni passaggio di gente che sale e che scende. Glielo dirà, ma l’altro, sdegnoso, non risponderà motto. Poi il ridicolo giovincello, preso dal panico, gli sfuggirà sotto il naso, verso un posto vacante. Lo rivedrai piú tardi, Cour de Rome, davanti alla stazione di San Lazzaro. Un amico lo accompagnerà, e udirai queste parole: «Il tuo soprabito non si chiude bene. occorre che tu faccia aggiungere un bottone».
n. 17 – Parole composte
In una trafficora mi buspiattaformavo comultitudinariamente in uno spaziotempo luteziomeridiano coitinerando con un lungicollo fioscincappucciato e nastrocordicellone, il quale appellava un tiziocaiosempronio altavociando che lo piedipremesse. Poscia si rapidosedilizzò. In una posteroeventualítà lo rividi stazioncellonlazzarizzante con un caiotizionio impertinentementenunciante l’esigenza di una bottonelevazione paltosupplementante. E gli perchépercomava.
n. 23 – Lettera ufficiale
Ho l’onore di informare la S.V. dei fatti sotto esposti di cui ho potuto essere testimone tanto imparziale quanto orripilato. In questa stessa giornata, verso mezzogiorno, mi trovavo sulla piattaforma di un autobus che andava da rue de Courcelles verso place Champerret. Detto autobus era pieno, anzi piú che pieno, oso dire, perché il bigliettario aveva accolto un sovraccarico di numerosi postulanti, senza valide ragioni e mosso da una eccessiva bontà d’animo che lo portava oltre i limiti imposti dal regolamento e che pertanto rasentava il favoritismo. A ogni fermata il movimento bidirezionale dei passeggeri in salita e in discesa non mancava di provocare una certa ressa tale da incitare uno di detti passeggeri a protestare, anche se con qualche timidezza. Devo riconoscere che detto passeggero andava a sedersi non appena rilevatane la possibilità. Mi si consenta di aggiungere al mio breve esposto un particolare degno di qualche rilievo: ho avuto l’occasione di riconoscere il sopra menzionato passeggero qualche tempo dopo in compagnia di un personaggio non meglio identificato. La conversazione intrapresa dai due con animazione sembrava vertere su questioni di natura estetica. In considerazione di quanto sopradescritto prego la S.V. di voler cortesemente indicarmi le conseguenze che debbo trarre dai fatti elencati e l’atteggiamento che Ella riterrà opportuno che io assuma per quanto concerne la mia successiva condotta. Nell’attesa di un cortese riscontro assicuro alla S.V. i sensi della mia profonda considerazione e mi dico con osservanza… ecc. ecc.
n. 95 – Geometrico
In un parallelepipedo, rettangolo generabile attraverso la linea retta d’equazione 84x + S = y, un omoide A che esibisca una calotta sferica attorniata da due sinusoidi, sopra una porzione cilindrica di lunghezza l > n, presenta un punto di contatto con un omoide triviale B. Dimostrare che questo punto di contatto è un punto di increspatura. Se l’omoide A incontra un omoide omologo C, allora il punto di contatto è un disco di raggio r < l.
Determinare l’altezza h di questo punto di contatto in rapporto all’asse verticale dell’omoide A.
Dopo questi esempi, sarebbero scoraggiati in molti. Ma se avessero seguito tutti questa linea, non saremmo entrati in possesso di alcuni capolavori. Si pensi a Louis-Ferdinand Céline, con Viaggio al termine della notte, uscito pochi anni dopo l’opera proustiana.