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Antigua, luogo dell’anima

Antigua, vita mia di Marcela Serrano è in primo luogo la narrazione di un rapporto d’amicizia: quello tra Josefa e Violeta che coltivano il loro legame fin dall’infanzia. Josefa salva i numerosi diari dell’amica da sguardi curiosi e al loro interno trova sia la complice di sempre, sia tutte le altre Violeta che fino a quel momento le erano sfuggite. La crisi dell’amica diviene mano a mano sempre più chiara fino a giustificare il fatto unico e tragico che spinge Violeta a toccare il fondo della sua vita ingrata. La Serrano raccoglie i frammenti di tutti gli avvenimenti precedenti (anche le avvisaglie più intime), non solo dell’esistenza di Violeta, ma anche della madre Cayetana e della nonna Carlota. Come si intrecciano le vite delle donne, dei racconti tradizionali e dei drammi che stringono i loro cuori.

È lo spirito soggettivo di Josefa che evoca, intrecciandole, le sue sensazioni e quelle dell’amica, raccontando fedelmente le sue emozioni. Ad ogni capitolo compaiono donne diverse: sono sempre Josefa e Violeta, mutabili, poliedriche, sfavillanti in miriadi di sfaccettature: tutte a rappresentare una donna diversa condensata in due corpi che ne valgono mille. I loro caratteri sono così ricchi che risultano paradossalmente indefiniti, una vera impersonificazione è impossibile. Josefa e Violeta sono due specchi, due frammenti oscuri in cui proiettano se stessi.

L’indifferenza della modernità cilena non ha più niente da dare a Violeta. Ha scelto di rifugiarsi nell’angolo più remoto dell’America Latina, Antigua, la città origine di tutto dove si reca per trovare se stessa e il suo passato. Ha scelto la via del lavoro manuale, il ricamo come unico balsamo per guarire la sua angoscia. Anche Josefa nel raggiungere l’amica nella pace del Guatemala, non fa altro che accorrere ad un muto appello rivolto a se stessa: quello di ritornare alla vita, genuina e luminosa. Le due donne si aggrappano al presente a modo loro e vincono di fronte al pericolo di farsi annientare.

Antigua, vita mia di Marcela Serrano pretende un rapporto fisico con il lettore, ammantato e intriso senza il suo consenso dalle sue parole. L’unica decisione affidatagli è quella di scegliere se divorarlo o di digerirne i passi poco per volta. Senza alcuno sforzo si estrapolano le frasi illuminate di saggezza di Josefa e Violeta e si colpisce una zona del cuore abbandonata. Sarebbero infiniti gli aspetti su cui soffermarsi messi in luce dall’autrice: i cambiamenti intimi e personali, lo sfondo delle mutazioni sociali e politiche del Cile e di come diventi un luogo inadeguato allo stile di vita delle due donne, i rapporti interpersonali sempre più aridi e inconcepibili, la nostalgia dei luoghi, la forza d’animo delle donne che trae linfa dalle tradizioni. Antigua, vita mia non chiede di snodarli tutti: chiede di scegliere, nell’immensità dei queste 300 pagine, ciò che più ci rappresenta e ci commuove.