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“Madame Bovary sono io!” La scrittura contro la morale di Gustave Flaubert

Di indole pigra e con qualche difficoltà di espressione, i suoi insegnanti riferivano sovente la sua svogliatezza, la mancanza di applicazione allo studio che non di rado gli faceva commettere errori ortografici (il francese è sempre stato una lingua difficile!) e l’eccesso di fantasia. In compenso lui amava la storia, i classici, e la letteratura contemporanea, da Hugo a Voltaire, da Dumas a Rabelais, da Scott a Shakespeare, che divorava per saziare il suo bisogno di evasione e trovare materiale a cui ispirarsi per inventare personaggi, dialoghi e lettere insieme al suo primo compagno di scrittura, Ernest Chevalier.

Insolente, irriverente e ribelle, il suo più grande capolavoro è stato un romanzo che scandalizzò l’opinione pubblica francese e i benpensanti, rivelandosi uno dei primi scritti di rottura con un romanticismo ormai agli sgoccioli, che entra a pieno titolo nel filone del naturalismo, del rovesciamento degli ideali romantici e dell’avanzare inarrestabile di una più moderna cultura borghese, insofferente al galateo e ai cerimoniali e desiderosa di raccontare la verità su se stessa.

Il romanzo in questione è “Madame Bovary”, e lui, lo scrittore, è Gustave Flaubert, uno dei più importanti esponenti, se non il pioniere del naturalismo in letteratura. Uscito a puntate su una delle riviste più lette dalla borghesia parigina, la “Revue de Paris”, “Madame Bovary” scandalizzò bigotti e moralisti tanto da essere messo all’indice e far intentare un processo al suo autore per oltraggio alla morale e alla religione. E non è un caso che, per difendere la sua opera, Gustave Flaubert pronunciò la celebre frase: “Madame Bovary c’est moi!”, “Madame Bovary sono io!”, a testimonianza del fatto che la sua prima fonte di ispirazione per tracciare il personaggio della donna fedifraga, che tradisce il marito e insieme la morale su cui si poggia l’intera società dell’epoca, fu la sua stessa personalità e la sua stessa vita.

Nato a Rouen il 12 dicembre 1821, da un chirurgo e da una ricca proprietaria terriera, Gustave inizia a scrivere sin dall’adolescenza, negli anni trascorsi al collegio da cui poi verrà espulso, nel 1839, per insolenza, finendo gli studi da privatista. Nel 1836 sulla spiaggia di Trouville incontra Elise Focault, la grande e mai soddisfatta passione della sua vita, che gli darà l’impulso a scrivere uno dei suoi primi e più famosi romanzi, “L’educazione sentimentale” (1843-45). L’indole svogliata e ribelle non gli permetterà mai una carriera scolastica brillante; anche all’università a Parigi, dove frequenta la facoltà di diritto, ci andrà solo per compiacere il padre, preferendo però frequentare gli ambienti letterari dell’epoca piuttosto che dedicarsi agli studi. Nel 1844 il manifestarsi dell’epilessia lo spinge a lasciare gli studi e tornare a Rouen.

Due anni dopo, la tragica morte del padre e della sorella lo spinge a ritirarsi a vita priva, nella casa di campagna di Croisset, sulla Senna, dove dimora, tranne che per brevi soggiorni invernali a Parigi e per alcuni viaggi all’estero. Qui la famiglia si organizzerà intorno alle sue esigenze di scrittore, e Flaubert scriverà tutti i suoi più importanti capolavori, compreso “Madame Bovary”, soprattutto dopo la fine della relazione con la scrittrice Louise Colet (1855) e il crollo della fede negli ideali della rivoluzione del ’48, a cui aveva tentato di partecipare, assistendo alla costituzione della repubblica e interpretando poi l’ascesa al trono di Napoleone III come il fallimento degli ideali borghesi e l’affermazione di una società di massa.

Dopo una breve esperienza di viaggio in Medioriente (1849 – 1851) insieme all’amico Maxime du Camp, da cui trae ispirazione per “Salammbo” (1862), opera fantastica ambientata nell’antica Cartagine, al suo ritorno a Croisset si dedica alla scrittura di “Madame Bovary” prima e alla riscrittura del “L’educazione sentimentale” poi. La guerra franco-prussiana lo costringe a lasciare Croisset: le conseguenze per il suo già fragile sistema nervoso sono rilevanti.

La morte della madre nel 1872 dà il colpo di grazia al suo già precario equilibrio. Solo l’ammirazione del giovane Guy de Maupassant lo salva dalla depressione. Negli ultimi anni della sua vita Flaubert è sempre più solo, ossessionato dall’idea della morte e dei continui lutti: tutto il mondo che ha conosciuto gli sta morendo intorno. La morte colpirà anche lui l’8 maggio 1880, a causa di un devastante, ultimo attacco di epilessia, portandosi via il primo, coraggioso cantore dell’umanità nella sua essenza, appassionata, contrastata, a tratti brutale; ma sempre, necessariamente, fedele a se stessa, vera.