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La parole mancate. Ritratto di famiglia in una notte.

Ci sono persone che ci fanno soffrire, tanto. E che proprio per questo –più ancora che per il nostro rapporto con loro- rivestono un’enorme importanza nella nostra vita. Il dolore che ci provocano apre in noi una voragine buia che nulla colma, né la gente che incontriamo, né le esperienze che facciamo, soprattutto non il passare degli anni. Si può essere felici comunque, ma quello scavo resta lì, beante, pulsante, mai rimarginato; a maggior ragione se sappiamo con certezza che queste persone, quell’uomo, quella donna, non torneranno più, mai più a darci conto di quel dolore, a lenirlo, a cancellarlo forse.

Più è impossibile e più vorremmo averli davanti, per risolvere quel nodo dolente; quante volte lo pensiamo, di notte: se solo potessi chiedergli, se potessi dirgli…

È quel che succede ad Andrea in una notte estiva di solitudine, mentre la sua famiglia è in vacanza: davanti alla sua porta un vecchio emaciato, stremato, consunto. E quando il vecchio gli rivela di essere suo padre, Andrea è sommerso dalle emozioni e dalla felicità di chi sa che “ora” qualcosa cambierà: il dolore che gli è stato inflitto da un padre troppo preso dalla sua vita per pensare ai figli, quel dolore terribile sarà chiarito, cancellato, perdonato persino.

E tuttavia, tuttavia: come può il padre esser lì se è morto all’improvviso, e ancora molto giovane, accanto ad un’altra donna, lontano dalla famiglia? Sono passati trent’anni, quell’uomo non può essere suo padre. Eppure è lì, in poca carne e pochi capelli, e ossa e pelle anziana e sudore e vomito. Tangibile, debole, ma presente. Così Andrea accetta l’inaccettabile: attraversare la notte con l’uomo -morto e vivissimo- che è stato all’origine del suo vuoto, delle sue ferite.

Insieme a lui, accanto a lui ripercorre il passato, tra le distanze paterne e le follie materne, tra il non-esserci dell’uno e la possessività sempre più esasperata dell’altra. Tornando, il passato riporta alla luce turbamenti irrisolti, violente delusioni e ancor più violente liti, il tentato suicidio del fratello; tornando diventa presente che si rituffa ancora nel passato tempestoso, lasciando sulla riva un adulto che non è più il figlio abbandonato, ma è ormai un uomo e un padre, un padre che ama i suoi figli. Questo amore sarà il ponte da stendere sulla vecchia voragine, la benda definitiva, il passaggio al futuro.

Quel che resta nel letto di un vecchio morto per la seconda volta è una spoglia fredda che può essere definitivamente sepolta.

Le parole mancate, il secondo romanzo di Alessandro Colizzi, è un ritratto di famiglia in sofferenza, non scontato, dipinto con le larghe pennellate del ricordo, col dettaglio ossessivo del dolore: un viaggio interiore alla scoperta di una maturità nuova ma anche un tirare i conti, uno sguardo all’indietro che è già un voltarsi in avanti.

La vita è oltre, ora.