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La parola al giudice… intervista a Giancarlo De Cataldo

25/11/2013
Maria Lucia RicciolibyMaria Lucia Riccioli
4 min read
Tags: Andrea CamilleriAndrea De CarloBalzacBret Easton EllisDickensDino AudinoEinaudi StileliberoEllroyGabriel Garcia MarquezGiancarlo De CataldogiudiceGoffredo FofiGrazia ChierchiI traditoriIl padre e lo stranieroIl pane e le roseintervistaJehoshualetturalo stranieroLuigi PirandelloManifesto libriMarco BascettaMarco TropeaMASTERPIECEMunroniccolò ammanitiPaolo RepettiPhilip RothromanziRomanzo criminaleSavelliscrittorescrivereSeverino CesarisistatostranieroTaiye SelasiThomas Mann
La parola al giudice… intervista a Giancarlo De Cataldo

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29/03/2017

Il primo talent letterario al mondo.

Un bel primato per la televisione italiana, al di là di qualsiasi giudizio sugli eletti e gli esclusi.

Una responsabilità che grava sulle spalle di Taiye Selasi, Andrea De Carlo e di uno scrittore che per mestiere è avvezzo ad ascoltare e giudicare: magistrato, autore di sceneggiature televisive e testi teatrali (ricordiamo il monologo Acido fenico, un testo che si muove tra denuncia sociale e un surreale caso umano), traduttore, Letteratu ha il piacere di intervistare per voi Giancarlo De Cataldo.

Le domande non riguardano solo Masterpiece: l’autore di Romanzo criminale, Nelle mani giuste, I traditori, solo per citare qualche titolo, parla con noi di sogni letterari, di libri, di incontri che trasformano un esordiente in uno scrittore pubblicato e di successo.

Non solo: le sue risposte ci danno modo di riflettere su quanto la lettura di autori classici e contemporanei sia formativa e costituisca la base solida su cui costruire le proprie storie, lavorando con umiltà e passione per trovare la propria voce e confrontandosi senza pregiudizi con quelle altrui.

Importante poi il riferimento alla Storia, quella del passato e la più recente, un paesaggio fatto di tempo e vicende che è lo sfondo vivo in cui si muovono i personaggi delle storie di De Cataldo facendosene interpreti e, spesso, emblemi.

– Il lato umano di Masterpiece… com’è stato l’impatto con gli autori selezionati, al di là delle polemiche e dei riflettori? Cosa prova nell’ascoltare i loro sogni di parole e trame?

Per me una forte immedesimazione: anch’io, come tanti scrittori, ho avuto inizi difficili. Soprattutto ho combattuto contro i miei fantasmi (non mi leggeranno mai) e contro la sovrabbondanza di manoscritti che affligge gli editori (non ho tempo per leggerli davvero tutti). Quindi, anche quando devo criticare o scartare un concorrente, non sono  mai ostile verso i suoi sogni. Ma per ogni talento da incoraggiare ci sono anche le pericolose velleità da stroncare, e questo non va dimenticato. Mai.

– Credo sia stato naturale ripensare, davanti a questi esordienti in cerca di editore, ai suoi, di esordi: come ha cominciato a scrivere? Chi le è stato accanto e l’ha incoraggiata? Chi ringrazierebbe tra le persone che l’hanno aiutata nel suo percorso di scrittore?

Ho avuto la fortuna di essere letto e capito da Laura Grimaldi e Marco Tropea (anche se poi abbiamo litigato, all’inizio furono decisivi per me). Dal mio amico Dino Audino, editore di Savelli nella storica collana “Il pane e le rose”. Incoraggiato da Goffredo Fofi e da Grazia Cherchi, purtroppo anche lei scomparsa, ma questo dopo aver già pubblicato. Aiutato da Marco Bascetta della Manifesto Libri per un romanzo, Il padre e lo straniero, che nessuno voleva, e che poi è stato ristampato da due diversi editori ed è diventato un film. Compreso e stimolato da Severino Cesari e Paolo Repetti di Einaudi Stilelibero. E, soprattutto, da mia moglie, Tiziana: implacabile bastonatrice dei miei molteplici difetti, inesauribile fonte di idee e suggerimenti.

– Lei è un autore di successo e Romanzo criminale le ha regalato popolarità: come la vive? Opportunità, gabbia o altro? Se la sente di parlarcene?

Gabbia sarebbe ingeneroso. Ma certo mi farebbe piacere che, ogni tanto, si parlasse pure degli altri romanzi o saggi che ho scritto!

– Sul rapporto tra scrittura e magistratura si è detto e scritto molto. E poi il giudice-scrittore ormai è più che trendy un trend senza flessioni: lei come ha vissuto e vive il rapporto tra due professioni così – ma lo sono davvero? – diverse? Quanto la ispira ancora la vocazione di magistrato?

Sono e restano mestieri diversi. Devo dire che, strada facendo, ho cercato di allontanarmi sempre più dall’ispirazione “giudiziaria”. Me ne sono andato, per esempio, nei territori del Risorgimento! Però, innegabilmente, il lavoro offre un bagaglio di storie e di tipi umani ai quali è difficile rinunciare del tutto. Sono una ricchezza che tanti altri scrittori mi invidiano (benevolmente, spero!).

– Noi di Letteratu siamo innanzitutto appassionati di lettura e di scrittura: quali sono i libri che De Cataldo lettore prima ancora che scrittore consiglia? Gli autori imprescindibili per la sua formazione tout court?

Sicuramente i grandi romanzi di formazione dell’Ottocento, da Balzac ai russi passando per Dickens, con le appendici novecentesche di Thomas Mann. Sono queste narrazioni fluviali che mi hanno insegnato il senso della struttura che è fondamentale per il mio modo di scrivere. E mi hanno insegnato anche il rapporto, decisivo, con la Storia: un eroe è tale ai miei occhi quando la sua vicenda personale si fa emblematica di un’epoca, e riesce a comunicarcene gli aspetti più profondi. Naturalmente, poi, il noir americano e francese, e (forse questo vi sorprenderà, ma è un dato di fatto, per me) il Pirandello storico dei “Vecchi e i giovani” e il Moravia impareggiabile esploratore della naturale crudeltà della borghesia.

Fra i contemporanei italiani, dei quali di solito gli scrittori non amano parlare per timore di mettere se stessi in ombra, poverini, Camilleri, al quale dovrebbero dare il Nobel, Ammaniti, che riesce sempre a sorprendermi, Bret Easton Ellis, Ellroy, la Munro, Yehoshua, Garcia Marquez, Burroughs, Philip Roth (“Pastorale Americana”, dice un personaggio del mio ultimo romanzo, è il libro per il quale darei dieci anni di vita, e un altro gli fa eco: e chi ti dice che qualcuno se li prenderebbe?), e poi tanti altri che si fa fatica a enumerare. Come avrà capito, sono ancora in grado di appassionarmi alla lettura, e il confronto con la bravura degli altri mi pare necessario e doveroso. Per raccomandare a se stessi un po’ di umiltà, che non guasta.

No che non guasta, anzi.

Noi di Letteratu auguriamo buon lavoro a De Cataldo e ai suoi colleghi di giuria, sperando che riescano a trovare un vero “masterpiece” tra quelli che si troveranno ad esaminare, un libro che sia anche una voce, che parli di sé e di noi, delle verità o meglio qualche frammento di quella Verità che giudici e romanzieri, più o meno togati, cercano.

Seguendo come De Cataldo due strade mica tanto differenti.

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