Don Lope è un nobile decaduto, ma pur sempre un uomo nobile e conosce i principi di cui bisogna tenere conto in materia di vecchi amici. Così, quando la povera adolescente Tristana rimane orfana e la madre lo implora di prenderla con sé, non esita nemmeno un attimo nel farsi tutore di quella giovane e meravigliosa ragazza.
Siamo nella Spagna del XX secolo e Benito Peréz Galdós nel suo romanzo Tristana descrive con minuzia quell’uomo anziano, un dongiovanni che ormai ha accantonato l’idea di sedurre belle donne ma che si ricorda ancora tutti gli stratagemmi per strappare un sorriso al gentil sesso. Tristana, il cui nome è fortemente simbolico, risveglia inconsciamente in lui la sensazione di potere che porta il possesso di una donna e poco importa che abbia promesso di farle da padre e tutore: dopo solo due mesi che la ragazza abita in casa con lui, la violenta.
Tristana non oppone resistenza a quelle sedute di orrore che si ripetono sempre più frequentemente: nessuno le ha mai spiegato che significato ha tutto ciò che Don Lope la obbliga a fare, né quanto grave sia davvero la situazione in cui vive, soggiogata da un uomo anziano che agisce con prepotenza sulla sua psiche e la sua educazione. Vorrebbe scappare, ma è ancora troppo giovane per capire che tutte le belle parole che Don Lope le rivolge, frasi arrugginite da vecchio seduttore, sono finte. Per mesi la giovane subisce violenze fisiche e verbali dall’unico uomo di cui si fida, rinchiusa in una casa dalla quale non può uscire, se non per un paio d’ore al giorno e accompagnata dalla domestica.
Il tempo, però, passa inesorabilmente e Tristana comincia a maturare, a sentirsi davvero donna e a capire che la situazione nella quale vive è disumana. Prende coscienza di ciò che è costretta a subire e scioglie le catene psicologiche che la legano al suo tiranno. Si innamora di un giovane pittore, Horacio, incurante dell’ira che questo provoca in Don Lope e a poco a poco, si guadagna il proprio riscatto e sancisce inesorabilmente la propria femminilità e indipendenza: diventa consapevolmente donna, desidera emanciparsi da ciò che mina la sua dignità e la incatena ad un uomo pe il quale prova un profondo disprezzo. A Horacio confida i suoi grandi sogni di donna indipendente, sogni di una giovane che riesce a mantenersi con il guadagno che ottiene lavorando, innamorata ma senza vincoli civili che la leghino all’uomo che ama. Libertà, questo desidera la Tristana che ha vissuto da succube e sottomessa nel periodo dell’adolescenza, il più delicato per la crescita di un individuo.
La parte più affascinante del romanzo è proprio questo acquisto di consapevolezza, il risveglio dell’intelligenza di una giovane ragazza che è stata tiranneggiata a lungo da un uomo che abusa di lei costringendola ad una vita di consci e inconsci timori. La lotta di Tristana è la lotta di tutte quelle donne che sono costrette a subire senza reagire, con la testa ricolma di dolci e false promesse di uomini che approfittano del loro potere e della fiducia che viene riposta in loro. Una lotta che diventa alla pari solo nel momento in cui Tristana matura e si rende conto di possedere un intelletto indipendente da quello del suo aguzzino, una mente che lavora e pensa da sola. Quella mente la condurrà ad una quieta ed al tempo stesso potente ribellione contro il vecchio dongiovanni, che si ritroverà spiazzato e senza difese di fronte alla ragazza su cui credeva di esercitare un totale controllo.
Benito Pérez Galdós ha però deciso che il romanzo non può terminare con una vittoria da parte di Tristana, che non otterrà ciò che aveva sognato. Anche se il finale della vicenda lascia l’amaro in bocca, così come il lettore può immaginare dal nome della protagonista che dà il titolo al libro, una scintilla di speranza c’è. E c’è perché Tristana è la storia di una ragazza sola che riesce, con le sue forze, a gridare contro il suo violentatore: “no, io non voglio!”.