C’era una volta una parola.
Era composta da vocali e consonanti, compiuta nel suono e nel senso. Bella, si sarebbe potuto dire.
Le sue simili erano tante, moltissime, però lei tendeva a stare da sola, beandosi del suono delle sue sillabe. Le montagne rimandavano l’eco dei suoi fonemi, l’acqua rispecchiava anche se rovesciandola la sua perfezione grafica.
Una,
Parola.
Perfetta.
Ma vuota. Sterile.
Non figliava parole, né aveva sorelle.
Finché un giorno sbatté contro una compagna, somigliante ma diversa da lei.
I loro suoni cozzarono, i loro significati collisero l’uno contro quello dell’altra.
Poi si unirono, i suoni armonizzati e i sensi magicamente raddoppiati, quadruplicati, più intensi e nuovi.
Altre parole si unirono a loro, per affinità, per contrasto, una ridda chiassosa di suoni, una girandola di significati.
Ordine! Ritmo ritmo ritmo…
Cosa vuoi dire tu? E tu? E tu?
Mettiti con lei, no, tu per prima, tu dopo.
E nacque la prima storia.