Gesù se ne era andato.
E Maria anche.
Erano in tour da anni ormai e sembravano essersi dimenticati di lui. Ne aveva notizia soltanto tramite il centurione del villaggio che aveva un amico nella scorta di Pilato giù a Gerusalemme. Qualche volta aveva provato a scrivergli, ma il piccione viaggiatore era tornato con un rametto di ulivo e null’altro.
Gli auguravano la pace, sicuramente, ma il bene?
Ecco, il bene avrebbe voluto che glielo dimostrassero in maniera più concreta. Magari con qualche visita, con un po’ di tempo trascorso accanto al caminetto tutti insieme, il sabato. Ma niente, quei due erano troppo presi dalla loro missione.
Annunciare e convertire, convertire e annunciare, pareva non esistesse altro e lui, il vecchio Giuseppe, si sentiva abbandonato, lasciato a invecchiare in solitudine.
Avrebbe bestemmiato, ma sarebbe stato come mandarsi affanculo da solo, e allora aveva ripreso a fare il falegname, per tenersi impegnato e non pensare.
E quindi giù a segare, e poi a piallare, ma lo struggimento era tale che le lacrime gli rigavano continuamente il viso, tanto copiose che il noce, la quercia e perfino il duro mogano, s’infracidavano ed erano difficili da lavorare.
Nemmeno il lavoro quindi gli giovava e lui si rassegnò ad aspettare la morte.
Si chiuse nuovamente in casa e passò quaranta giorni a lacrimare e a scrutare il cielo in attesa di una saetta risolutrice.
Finché non sentì una voce.
-Peppì, non t’angustià, ce l’ho io il rimedio!- Fece la serpe che gli era apparsa tra i piedi, con un accento sconosciuto, soltanto lontano parente del latino dei funzionari pubblici.
Ci fosse stata Maria, il rettile avrebbe fatto una brutta fine, ma Giuseppe, oltre a essere un animalista convinto, aveva un disperato bisogno di scambiare quattro chiacchiere con qualcuno.
-Come vorrei crederti, amica mia. Ma ormai non c’è alcuna speranza. Sono solo, e solo rimarrò finché il Principale non mi chiamerà a sé.
-Nun fa’ accussì! Sient’ a ‘mme, io ti posso dire un modo per essere meno triste, per stare finalmente in pace con il mondo.
Giuseppe per un attimo ebbe la sensazione che, sotto sotto, ci fosse qualcosa di sbagliato, ma la scacciò subito. Al diavolo il politicamente corretto, pensò, dopo tutto anche io ho diritto a un po’ di felicità.
-Fai ‘o falegname, è o vero?- continuò il serpente -Vabbuò, allora fa ‘na cosa, tu taglia, alliscia, ma, soprattutto, vernicia, e nun te ne incaricà- concluse, sgusciando via senza attendere risposta.
Il vecchio lo vide strisciare nella casa di un suo vicino, certo Expositus, oriundo neapolitano, e uscirne poco dopo con un misterioso sacchetto stretto tra le spire.
-Chesta, è ‘a vota bbona- gorgheggiò il rettile per tutto il pomeriggio, chiuso nel laboratorio tra un tramestio di pentole e vapori solforosi.
Poi, a sera, così com’era apparso, si dileguò.
Il mattino dopo Giuseppe si tirò su dal letto con grande sforzo e aprì bottega. Sulle prime, a parte un lieve intorpidimento, non avvertì nulla di nuovo. E allora, assieme alla depressione sentì montargli i dubbi.
-Lo sapevo che non dovevo fidarmi.- mormorò tra sé e sé -Quella serpe ci ha tentato prima con mio figlio, poi con mia moglie e alla fine ci è riuscita con me. Mi sa che, col solo fatto di essere rimasto ad ascoltarlo, ho esaurito il bonus e alla prossima mi gioco definitivamente il Paradiso.
Col passare dei minuti, però, gli effluvi della vernice impregnarono l’aria e Giuseppe, oltre ad avvertire una certa euforia, ebbe l’ impressione che i trucioli invece di cadere cominciassero a galleggiare nell’aria, fino a prendere forma e sostanza.
-Gesuemmaria!- fece, indovinando in quelle immagini i congiunti -Perché! Perché mi avete lasciato solo. Evvabbene la missione, ma… un povero vecchio! Ci vuole un cuore di pietra per lasciarlo da solo. Vergogna!
L’eccitazione aveva lasciato il posto alla rabbia e così afferrato un martello, lo tirò direzione delle due ombre.
-Giuseppe!! Giuseppe, come osi intrometterti nei miei disegni. Che tu sia dannato per l’eternità!
L’occhio enorme e spalancato apparso in mezzo alla stanza, era troppo reale e troppo vivo per essere frutto di un’allucinazione e così Giuseppe cominciò a tremare.
Oltre al bonus si era divorato, con quel gesto, anche l’eventuale condizionale e i benefici previsti dal diritto canonico per i normali peccatori. Suo figlio l’aveva pur detto, non osi l’uomo opporsi ai voleri di Dio.
O giù di lì, la droga contenuta nella vernice doveva essere molto potente.
Ah, serpe maledetta!
-Principà! Principà, scusate – l’allucinogeno gli aveva sconvolto anche l’eloquio – Aggiate pacienza. Pietà, pietà per un povero vecchio solo e abbandonato. Dite, dite come posso fa’ pe’ rimedià ed io lo faccio.
Tuoni, fulmini, saette e poi, di nuovo, troni, rintroni e borbottii tempestosi, segno che lassù ci stavano pensando.
-D’accordo, non fosse altro che senza di te sul presepe Maria ci farebbe la figura della ragazza madre, ti perdono, ma devi espiare.
-E come, Dottò?-
Gli effetti della droga evidentemente non accennavano a svanire.
-Fai il falegname vero? Ebbene, per il resto della vita costruirai bare e le vernicerai con le tue lacrime che saranno così spesse da sigillare perfettamente ogni feretro per l’eternità. Nel Giorno del Giudizio ci tengo a sedere tra corpi se non perfetti almeno presentabili. Com’è che si dice, anche l’Occhio vuole la sua parte.