Erri De Luca non fa mancare niente alle atmosfere che si perdono nel mare, e questo vale anche per il suo ultimo scritto Storia di Irene, che racchiude la favola omonima ed altri due racconti Il cielo in una stalla e Una cosa molto stupida. Come già per I pesci non chiudono gli occhi, De Luca ci fa ascoltatori attenti di altre storie di mare, ispirazioni date dal vento e lontane leggende sussurrate.
Storia di Irene è un racconto portato a terra da un anziano veterano del mare, scelto da Irene per raccogliere i suoi silenziosi pensieri di ragazzina orfana. Porta in grembo una creatura dalla provenienza misteriosa e perciò è additata e giudicata dagli abitanti di questo villaggio trascurato dal brulicare del mondo, per il suo mutismo, per la sua condizione di futura ragazza-madre e per l’estraneità che abbraccia la sua piccola figura. Il vecchio pescatore è l’unico ad ascoltarla nei suoi gesti senza parole, trascurando i pregiudizi altrui e interpretando il suo idioma antico e silenzioso. Irene intrattiene una relazione con il mare e la sua famiglia adottiva sono i delfini. È una creatura divisa tra il suo essere naturale e il suo istinto per l’acqua, di giorno vive in una misera stalla e di notte raggiunge i suoi affetti nel mare più scuro ed accogliente. La sua storia naviga nella solitudine e nell’incomprensione di una terra che non l’ha mai accolta tra i suoi rami: a questo ci ha pensato il mare a cui deve eterna riconoscenza e a cui non potrà mai unirsi.
Il cielo in una stalla narra le vicissitudini di cinque uomini in fuga dalla guerra, tra cui compare il padre dell’autore, Aldo De Luca, che familiarizza con un vecchio ebreo e con la sua religiosità incompresa. Gli scampati alla morte devono attraversare le buie acque che separano Sorrento da Capri, terra liberata, in cerca dell’ultima salvezza a loro concessa.
Una cosa molto stupida, nonostante il titolo fuorviante, è la parte più breve e più bella che in poche pagine conclude quest’ultima opera di De Luca. È il momento più lirico e denso dove vengono descritte le ore precedenti alla morte di un uomo anziano, denutrito e intirizzito dal freddo che cerca i raggi del suo ultimo sole per riscaldare il suo saluto alla vita. Porta con sé il peso di un’esistenza faticosa e un’ ultima mandorla per allietare il suo conclusivo momento di felicità.
Di questa raccolta forse proprio la favola omonima è il racconto a parer mio meno riuscito. Anche se il rapporto con il mare viene reso pienamente dalle tante descrizioni intrise d’amore, a volte De Luca ci mostra un po’ troppo autocompiacimento nei suoi brevi stralci poetici. La narrazione è inframmezzata da tantissime riflessioni che interrompono ripetutamente il susseguirsi degli eventi. A tratti i suoi pensieri si integrano perfettamente, altre volte invece vanno a cozzare con la narrazione appesantendola. Gli altri due racconti, nella loro brevità sono più leggeri e immediati, qui viene mostrata la vita frugale e le tradizioni che si intrecciano perfettamente con le atmosfere dense di nebbia mediterranea.