“Kundera scrive che la domanda è come un coltello che squarcia la tela di un dipinto per vedere cosa c’è dietro. Vogliamo, dunque, vedere cosa c’è dietro tutto questo, vogliamo davvero attraversare questi specchi che pretendono di racchiudere in se stessi la verità?”
Capita, a volte, di fermarsi a riflettere sul significato della parola “crisi”. Perché, che travolga senza cura il nostro portafoglio, questo lo sappiamo già, ma cosa si nasconda dietro il velo di una borsa altalenante a Wall Street, negli angoli più oscuri delle nostre vite, quello è un po’ più difficile da stabilire. Ad osservarle con distacco, infatti, queste vite, si ha l’impressione di guardare un puzzle incompleto, i cui tasselli a fatica riescono a collegarsi gli uni agli altri, nel disperato tentativo di trovare un àncora a cui aggrapparsi, un significato che le rappresenti. Ed è proprio questo sentimento di fragilità, espressione di una società che ha perso il suo senso, vittima di una crisi interiore, ad emergere prepotentemente dalle righe di “Specchi”, raccolta di storie ad opera di Elèna Italiano.
In un gioco di prospettive e scorci, Italiano compone un quadro dalle tinte grigio scure, in cui il titolo veste perfettamente il significato dei suoi protagonisti. Come un’immagine riflessa, infatti, le loro storie si intersecano in un contesto estraneo, che non li comprende, ma sembra, anzi, separarli bruscamente dal loro corpo, riflesso superficiale di una società stanca, affogata dalle sue contraddizioni, incapace di uscire fuori dal sé e comprendere l’altro. Storie velate di una malinconia agro-dolce, che scavano nella realtà più profonda, come uno specchio, appunto, che nel capovolgimento di Elèna Italiano riflette però l’essenza. “Specchi”, nel suo plurale, per mettere in evidenza come la realtà sia molteplice, eterogenea, difficilmente riducibile in un unico blocco con confini precisi e regole fisse. Diceva Brecht, “l’uomo ha un difetto, può pensare”, e questo pensiero fatto proprio può divenire rivoluzionario, sovvertire il potere, permettere di riacquistare la soggettività. Soggettività, non individualità, perché Elèna Italiano questo punto lo definisce chiaramente. Attraverso racconti che evidenziano le complessità e i contrasti tra immigrazione e integrazione, carriera e famiglia, estorsione e giustizia, si evidenzia il fallimento dell’individualismo, che ha isolato il cittadino, privandolo della capacità di sentire l’altro.
Una scrittura diretta, che si muove nel confine fra tenerezza e solitudine, in un insieme di cocci che descrivono la frammentata società in cui viviamo. Elèna Italiano osa, e piuttosto che imitare sceglie di sperimentare, dimostrando di avere il coraggio di tentare una strada contromano, in una prova a volte esitante, ma comunque apprezzabile, che si propone di fare luce su tematiche abbandonate. La letteratura può essere uno specchio, può riflettere senza pudori l’immagine vacua di una moltitudine incapace di osservare se stessa.