Amo profondamente dediche, citazioni iniziali, prefazioni postfazioni e ringraziamenti nei libri e, lo confesso, talvolta leggere alcuni di questi mi ha davvero commossa. È un attimo di vera intimità con l’autore che, in modi differenti, presenta al mondo un pezzetto della sua esistenza, o la sua visione del mondo, o la citazione che sente rappresentare meglio se stesso e la sua visione poetica o anche solo il nome di moglie/marito e figli. Una porta aperta sulla verità. La prima cosa che mi ha colpita di “Di storie, magie e altri demoni” di Emma Cannavale è stato proprio questo uscio socchiuso con uno spiraglio su di lei donna e scrittrice: il racconto della sua urgenza per la scrittura.
Parole e scrittura cosa sono se non magie? Codici che ci permettono non solo di comunicare ma di inventare, raccontare, narrare, immaginare, segni utili che ci connettono agli altri e quindi pratici e, allo stesso tempo però, veicoli di astrazioni. In questa raccolta di racconti è questa doppia funzione ad attraversare storie e personaggi. L’autrice, nelle varie narrazioni ci proietta tanto in un mondo onirico fatto di sortilegi quanto in un mondo normale fatto di realtà. Quasi che la magia fosse qualcosa di tangibile e concreto e per questo tanto credibile. Diverse le ambientazioni, diversi i contesti, diversi i protagonisti, ma sono proprio questi ultimi a dare un filo conduttore ai diversi racconti: l’autrice non dimentica mai di darci un quadro, o almeno una pennellata in quelli molto brevi, della personalità degli attori delle sue scene. Anche l’introspezione dunque diventa una proiezione di quella visione fantastica che permea le varie novelle.
Lo stile dell’autrice riflette quell’urgenza di cui dicevo, una penna espressiva che chiede al lettore un coinvolgimento completo e assoluto che le riesce senza dubbio ma che talvolta risulta leggermente traboccare. Il racconto più riuscito è uno dei più lunghi, “La partita” che, sebbene costruito attraverso rimandi al passato e al presente, non lascia mai il lettore confuso e restituisce una dimensione piacevolmente sognante che culla attraverso le pagine della storia.
Sarebbe facile credere che il suggerimento della Cannavale sia quello di cogliere la magia nelle piccole cose, io però non ho sentito questo nelle sue parole . Ho scorto piuttosto l’intento dell’autrice di svelare una costruzione del mondo assolutamente personale, di restituirci il suo modo di vedere le cose e regalarcelo, senza volerci imporre nessuna spiegazione, in un potente afflato di condivisione: le sue storie sono doni.
Vi consiglio di accettarli, così come consiglierei all’autrice di cimentarsi in un romanzo, vista la potenza della sua penna quando è lasciata libera di prodursi in manifestazioni più durature.
I miei ringraziamenti vanno a lei, per avere svelato un lato tanto intimo di sé e avere lasciato che a farlo non fossero solo prefazione o dediche, ma le stesse parole scritte. L’uscio sembrava solo socchiuso ma era spalancato e la padrona di casa invitava timidamente all’ingresso.