La passione tra Aldo e Ilda sbocciò in uno showroom, davanti all’ultimo modello di una nota marca che produceva automobili low cost. Una macchinetta semplice semplice, quattro ruote, due sedili, un piccolo volante e poco altro, che però a loro sembrò l’angolino giusto da cui osservare il mondo scambiandosi magari tenerezze.
In men che non si dica i due si sposarono e acquistarono la vetturetta che presero a curar con un affetto tale da imporle persino un nome, quello di Alfonsina. La lavavano spesso, le davano la cera e la rifornivano abbondantemente di benzina non lasciandola mai a secco e d’estate ci scorrazzavano felici in lungo e in largo alternandosi alla guida, pronti a cambiar rotta se il paesaggio gli veniva a noia.
Alfonsina però, con il passar degli anni, finì per aver bisogno di continue riparazioni. Un giorno, costretti nuovamente in officina, Aldo e Ilda avevano appena cominciato a pensare di cambiarla quand’ecco che il meccanico gli propose di cambiar volante.
– E’ un manubrio magico – disse – con questo basta soltanto pensare alla destinazione che lui vi ci porta in un baleno e senza bisogno di usar le mani. Sarà come possedere una macchina nuova nuova.
Naturalmente esagerava.
Si trattava, in realtà, di un nuovo sistema di guida computerizzato a comando vocale che la Hiro Ito regalava a chi fosse disposto a testarlo, ma – si sa – i meccanici per convincere i clienti spesso tendono all’iperbole.
Magnifico, pensarono comunque Aldo e Ilda, in questo modo non rinunceremo ad Alfonsina, potremo conoscere panorami nuovi e avere contemporaneamente più tempo per noi due, e se lo fecero montare.
Fu così che i due, concessasi una lunga vacanza dal lavoro, salirono sulla loro macchinetta e partirono. Il mondo era davvero bello ora che non avevano l’assillo della navigazione e della guida. C’era più tempo per ammirare il mare e i tramonti, per non parlare dei monumenti e delle città d’arte e in più potevano scambiarsi effusioni senza timore di andare a impattare.
Girarono il globo, i due, e poi lo rigirarono perché non se lo ricordavano, ma poi alla quarta volta si stufarono.
Bello il mare, non c’è che dire, e magnifici pure i tramonti, impressionanti i monumenti, ma alla fine non c’era più niente di nuovo da vedere e allora cominciarono a osservarsi l’un l’altra più approfonditamente, scoprendosi invecchiati.
– Ma quante rughe hai, mia cara.
– Anche tu non scherzi, caro.
Si fossero fermati lì, sarebbe stato niente, nulla che non potesse essere risolto con una carezza ma giunti sulla cima di un dirupo, al cospetto di un orizzonte già in precedenza rimirato, l’occhio di entrambi scese più in basso e l’apprezzamento si fece più greve.
– A guardarti bene, il tuo seno avrebbe bisogno di maggior sostegno.
– E la tua pancia allora? Avrebbe proprio bisogno di una bella riduzione.
– Ah, su quella spiaggia a Bali, là sì, che ho visto delle donne dai fisici perfetti.
I computer – è noto – sono attrezzi straordinari, ma per nulla intelligenti. Per Bali a destra, ordinò il sistema, e Alfonsina cominciò a sterzare.
– Se è per questo, ora come ora, mi piacerebbe rifarmi gli occhi con quel bel fusto che ho visto fare surf a Malibù – ribatté Ilda in lacrime.
Per Malibù a sinistra, elaborò il calcolatore e Alfonsina cominciò a girare in senso inverso.
Al pianto della moglie, Aldo si rese conto di averla fatta grossa e provò a rimediare.
– Dimentichiamo tutto, torniamo indietro, dai! – esclamò
Alfonsina a quel punto innestò la retromarcia e partì a razzo proprio mentre i due si scambiavano l’ultimo bacio.
Il giorno dopo i giornali titolarono di due anziani coniugi venuti giù di una scogliera. Un litigio forse, oppure la macchina usurata, nessuno ne veniva a capo, fino a che un perito più capace dei colleghi scoprì la verità.
La colpa era stata solo di un computer assai sofisticato, incapace, però, d’interpretare i sentimenti.