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J.D. Salinger, mito dei giovani

Da oltre 60 anni il suo capolavoro indiscusso, “The catcher in the rye”, in Italia “Il giovane Holden”, continua a vendere almeno 250mila copie all’anno nei soli Stati Uniti, e non c’è scuola in cui non ne circoli almeno una copia.

Lui è Jerome David Salinger, e ultimamente la storia della sua vita è stata parecchio chiacchierata, vista la recente uscita, lo scorso 3 settembre, di “The private war of J.D. Salinger”, una corposa biografia scritta a quattro mani da David Shields e Shane Salerno (quest’ultimo autore dell’omonimo documentario, sugli schermi dal 6 settembre) che racconta la vita dello scrittore focalizzandosi su aspetti inediti: il periodo della guerra, la partecipazione allo sbarco in Normandia, a Utah Beach, alla battaglia delle Ardenne, e poi l’attività di controspionaggio, tutte esperienze che segnarono profondamente il giovane Salinger, cambiando radicalmente il suo modo di scrivere.

Ma, anche senza tutte queste rivelazioni, la vita dello scrittore più misterioso e incomprensibile del secolo scorso è ugualmente interessante: densa di contraddizioni e zone d’ombra, proprio come la sua personalità, grandiosa eppure schiva, tormentata e irrequieta, sotto molti aspetti tuttora inafferrabile.

Jerome David Salinger nasce il 1 gennaio 1919 a New York da una famiglia dell’alta borghesia: il padre di origini lituane, ebreo, commerciante impegnato nel settore dell’importazione della carne; la madre di origini scozzesi e irlandesi, iperprotettiva, convertitasi alla religione ebraica solo dopo il matrimonio. Secondo di due figli, iperattivo e ribelle, totalmente inadatto alla scuola, il giovane Salinger si allontana presto dalla famiglia, per sfuggire alle troppe attenzioni materne, iscrivendosi al Valley Forge Military Academy, in Pennsylvania.

La sua passione per la scrittura, nata durante gli anni di scuola, con una giovanile collaborazione al giornalino scolastico, diventa, a seguito del volontario esilio dalla casa familiare, una necessità, a cui il giovane Jerome ottempera di notte, nascondendosi con una torcia sotto le coperte. Ma la scrittura non paga (almeno non subito): convintosi a imparare il mestiere del padre, Salinger si reca a Vienna presso una filiale della società paterna. La guerra distrugge i suoi buoni propositi: Salinger lascerà l’Austria appena un mese prima dell’Anschluss del 1938.

Fatto ritorno negli Usa si iscrive alla Columbia University, dove, grazie all’intercessione di Whit Burnett, suo maestro, riesce a pubblicare il primo racconto, “The young folks”. Nel 1941 Salinger scopre l’amore: inizia una relazione con Oona O’Neill, a cui si indirizzano tutti i suoi sforzi “letterari” di quel periodo: una serie di lunghe lettere, che l’innamorato le inviava con cadenza quotidiana. La delusione arriva quando Oona inizia a frequentare Charlie Chaplin, che diventerà suo futuro marito. Le pene d’amore spingono Salinger ad arruolarsi, nella hemingwayana convinzione che la guerra sia un’esperienza romantica, che ogni scrittore deve necessariamente provare nella sua vita.

Sarà così solo in parte. La guerra lascerà delle cicatrici profonde nella psicologia già instabile di J.D. Salinger, ma gli porterà anche un regalo inaspettato: la conoscenza proprio con il già affermato Hemingway, suo modello insieme a Francis Scott Fitzgerald.

Bisogna aspettare il 1951 per vedere finalmente pubblicato “The catcher in the rye”, romanzo a cui Salinger lavorava già da circa 10 anni: la prima apparizione del “giovane Holden” risale infatti ad una lettera che Salinger inviò a Burnett, in cui descriveva il personaggio del romanzo che stava scrivendo, di nome Holden, come “un giovane me stesso”. Ed effettivamente, la critica ha visto molto di J.D. Salinger nel giovane Holden: la stessa insofferenza per le regole, lo stesso bisogno di ribellione in un mondo che va a rotoli, che sta perdendo i vecchi valori e che ai giovani non offre che una possibilità: quella di perdersi nell’indolenza, nell’incertezza del futuro, in quell’angoscia per la vita stessa che è tipica del periodo adolescenziale.

Il libro, oggi considerato un romanzo di formazione, ha un immediato successo: dissacrante e volgare, ma anche intriso di una tenerezza ingenua, quasi infantile, scandalizza per il modo in cui racconta, a tinte forti e senza censure, il mondo in evoluzione degli adolescenti di quegli anni.

La reazione di Salinger alla popolarità non è però quella che ci si potrebbe aspettare: sentendosi probabilmente inadeguato alla celebrità, si ritira a vita privata nella sua villetta a Cornish, nel New Hampshire, diventando sempre meno avvezzo alle relazioni sociali, tanto da spingere la moglie Claire (una studentessa conosciuta proprio a Cornish, quando ancora Salinger apriva la sua casa agli studenti, una sorta di salotto letterario), completamente succube del marito, a meditare l’omicidio della loro primogenita, Margaret, e il suo stesso suicidio.

Un isolamento che contribuisce ad accrescerne la popolarità, disegnando intorno alla figura del padre del giovane Holden un alone di mistero. Dalla sua casa di Cornish, dove è spesso vittima degli agguati dei suoi fan, che si appostano sotto la sua villetta nel tentativo anche solo di intravederlo, Salinger continua a scrivere: nel 1961 pubblicò  “Franny e Zooey” e nel 1963 “Alzate l’architrave, carpentieri e Seymour. Introduzione”, quattro lunghi racconti che narrano la saga della famiglia Glass, e che la critica accoglie dubbiosa. La sua scrittura è cambiata, diventando manieristica e “squilibrata”.

Ma Salinger non fu mai legato ai giudizi dei lettori.

Mi piace scrivere. Amo scrivere. Ma scrivo solo per me stesso e per mio piacere.

Convertitosi al buddismo zen alla fine degli anni ’40, Salinger si dedica al culto religioso e si allontana sempre più dal mondo esterno. Muore il 28 gennaio 2010 dopo aver lottato a lungo contro un tumore al pancreas.

La sua vita resta, ancora oggi, sotto alcuni aspetti, un mistero insoluto. Ma, come esclamò Ernst Hemingway dopo aver letto uno dei suoi scritti: “Gesù! Ha un talento straordinario!”