Tutta l’opera narrativa di Leonardo Sciascia si rivolge a un’analisi antropologica del popolo italiano, una letteratura che trova la sua più completa forma in un’incessante corrispondenza con una realtà oscura e ambigua, e per questo emblematica. Tesa sempre verso la più ovvia oggettività, la sua scrittura è il continuo esercizio di una mente che crede in una vita felice, libera e razionale. La sua passione letteraria si confonde con un’incredibile propensione morale, in cui l’impegno narrativo e quello civile si combinano armoniosamente. Con Sciascia lo scrittore è colui che descrive la vita pubblica, interpretandone gli umori e le dinamiche sociali più complesse attraverso delle brillanti combinazioni narrative, dove la cronaca e la finzione, il più delle volte, si allacciano per diventare un’inchiesta, una spietata denuncia alla società italiana e le sue istituzioni.
L’aspirazione a cercare un barlume di speranza lo ha portato a mettere in luce quelle forme di potere che fanno leva su meccanismi infami e pericoli. I suoi personaggi, non solo detective polizieschi ma dei veri indagatori della verità, s’imbattono in poteri occulti e intricati, perversi e apparenti tabernacoli della realtà. La Sicilia e la presenza soffocante della Mafia sono, per Sciascia, immagini esemplari della realtà italiana. La sua terra, così come la grande tradizione narrativa siciliana, diventa nei suoi romanzi la perfetta metafora del mondo: un mondo inteso come una trappola, in cui la ragione, spaventata e annichilita, è costretta a sopravvivere e a cercare sé stessa, a difendere la sua imperitura e ostinata funzione di giustizia.
Il giorno della civetta, pubblicato nel 1961, può essere considerato a tutti gli effetti il suo romanzo più celebre, un classico della letteratura italiana e non solo del ‘900. In esso, la formula del libro no-fiction trova il suo giusto equilibrio in una storia mai greve, la scrittura e coincisa, semplice ma al contempo efficace, lo stile è asciutto e mai banale, un’opera nella quale il gusto della narrazione non abbandona mai quel tratto caratteristico dell’inchiesta, forte, arguta e intelligentemente sottile.
Il romanzo trae spunto dall’assassinio del sindacalista comunista Miraglia, avvenuto nel ’47. L’inchiesta sulla società siciliana e sulla Mafia locale trovano il giusto ancoraggio nella classica struttura del romanzo giallo: l’investigatore, un capitano dei carabinieri venuto da una città del Nord, è la grande metafora della ragione alla ricerca di una scomoda verità, tra politici e complici, macchiette da comparsa e collusi con la Mafia, che per paura o vigliaccheria si rifiutano di testimoniare. L’investigatore, in nome della giustizia, costretto a scontrarsi con l’impostura e la falsificazione, vede nella Sicilia un paese atipico, da non credere, con cui l’Italia rischia, pericolosamente, d’identificarsi.
Qualunque siano i modi attraverso cui si sia espressa, la letteratura di Sciascia, tra giornalismo e narrativa, mostra di essere un incisivo strumento di conoscenza, forse più convincente di ogni teoria socio-politica, in quanto ogni idea di libertà trascende di gran lunga ogni legame di classe o di partito. La sua opera (romanzi, racconti, articoli di giornale, saggi) resta la grande testimonianza di un intellettuale lucido e attento: nonostante il grande successo di pubblico che ha saputo riscuotere, non ha mai perso la sua forza critica, imparziale e provocatoria. Assieme a pochi altri, il suo è stato uno dei più grandi contributi di battaglia civile del secondo ‘900: la complicata realtà siciliana, i rapporti tra le istituzioni e la scena pubblica attraverso una comunicazione mai del tutto chiara, Mafia e vita privata, il Potere e i suoi segreti, i valori intramontabili come la ragione, la giustizia e la libertà.
La terrificante attualità di Sciascia sta tutta nel continuare ad avere la forza ed il coraggio di dire No alle menzogne, ai poteri occulti, all’ambiguità di questo mondo che sta facendo di tutto pur di annichilire il pensiero ed eludere ogni traccia di verità.