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Abusivismo abusivo

“Signora, si spieghi meglio per favore.”

Le parole del brigadiere, che cercava di camuffare in maniera un po’ goffa l’accento milanese, echeggiarono per qualche secondo nello spoglio ufficio della stazione dei carabinieri. Una porta marrone con delle strane striature biancastre (infiltrazioni di acqua dal soffitto?) sigillava quattro mura bianche tappezzate da calendari dell’Arma, foto del Presidente della Repubblica e mezzibusti di generali.

Un divanetto liso sostava in un angolo, accanto ad un tavolinetto con sopra delle riviste d’annata. La scrivania, rettangolare, probabilmente residuato del regime, stava ad un paio di metri dal muro, dirimpetto alla porta. In quei due metri prendevano posto (nell’ordine venendo dal muro verso la scrivania): una libreria ad alveare sovraccarica di libri mai aperti, annuari dei carabinieri, fascicoli semidistrutti con le pagine penzolanti, nomi in bella vista e foto di gente sconosciuta. Le foto peraltro, avevano quel taglio da segnaletica anni cinquanta, dove tutti, anche se fosse un bambino di 7 anni, avevano quell’espressione da ergastolano che tanto andava di moda nei polizieschi in bianco e nero.

Davanti alla libreria cigolava su due ruote ancora buone e due con segni evidenti di incipiente paralisi, una poltrona di finta similpelle che un tempo doveva essere di colore nero ma che ora, grazie ad un utilizzo di cinquant’anni e di almeno una sessantina di deretani dell’Arma, appariva striata come una zebra al rovescio.

Sulla poltrona sedeva il brigadiere Belluomini che l’ironia del destino aveva fornito di un muso grifagno che strideva in maniera assoluta con il cognome beneaugurante. Aveva quasi cinquant’anni ed era stato assegnato alla stazione dei carabinieri di Montefiascone da sei mesi.

Poco lavoro, posto tranquillo. La famiglia… la famiglia erano padre e madre, vecchietti arzilli che vivevano a Milano. E poi basta. Niente moglie, niente figli. Qualche avventura ogni tanto, aiutato dal “fascino della divisa” che ancora faceva la sua parte.

Davanti a lui finalmente la scrivania: ordinata e con numerosi fogli affastellati. Sulla scrivania si  prendeva il suo spazio un foglio bianco su cui aveva appuntato il nome della signora che aveva davanti: Adele.

E infatti al di là della scrivania, appollaiata su una scomoda sedia di legno, si trovava la signora Adele. Adele aveva 82 anni, ben portati. Era ancora sveglia di testa e sua nuora questo lo sapeva anche troppo bene. Ma questa volta sua nuora non c’entrava.

“…. e così ho fatto, come sempre!”

“Allora signora, per favore, mi racconti di nuovo tutta la storia. Ma con calma. D’accordo?”

“Sono proprio da barzelletta!” pensò, per fortuna senza profferir parola, la signora Adele. E poi raccolse tutta la pazienza di cui era capace e raccontò di nuovo la sua storia.

“Stamattina sono uscita presto. Sono andata al mercato perchè dovevo comprare le verdure per preparare la ratatouille…”

“Cosa doveva preparare?”

“La ratatouille! E’ una specie di zuppa di verdure francese.”

“Ah!” e sul foglio scrisse “zuppa”.

“Prego, continui pure.”

“Dunque dovevo comprare le verdure perché ho a pranzo mio figlio e… e quella donna.”

“Quale donna?”

“Quella che sta con mio figlio. Sua moglie.”

“Ah!” e sul foglio scrisse “figlio con la moglie”.

“Ho comprato i peperoni, quelli rossi che sono più dolci, e poi le zucchine…”

“Possiamo pure sorvolare sui peperoni…”

“E no! Sui peperoni non si sorvola! Quelli verdi sono più indigesti e per questo per la ratatouille ci vogliono quelli rossi!”

“No, signora, volevo dire che non importa che faccia l’elenco di cosa ha comprato al mercato. Non è importante.”

Adele lanciò uno sguardo raggelante che colpì il brigadiere proprio in mezzo agli occhi, scompigliando il monociglio.

“Bisogna scegliere bene per la ratatouille. Scegliere con cura. Non fa così anche sua moglie?”

“Non sono sposato…. “ – Adele inarcò un sopracciglio – “..ma quello che volevo dire è che possiamo andare avanti nel racconto, per arrivare al punto.”

“Sono quindi tornata a casa e ho pulito le verdure.”

Fu la volta di Belluomini: il suo sguardo tra l’impaziente e lo scocciato sortì l’effetto che voleva.

“Ma mi sono accorta che mancava il vino. E il vino io lo vado a comprare da Vito. E per andare da Vito mi ci vuole l’automobile.”

“Ah! E così lei ha preso l’auto per andare a comprare il vino da Vito. E che auto possiede, signora?”

“Beh…. nessuna!”

“Come nessuna? Allora è l’auto di suo figlio?”

“No, l’auto è mia. Era mia. Perché adesso non ce l’ho più. E per questo che sono venuta qui!”

“Ah, eccoci al punto! Le hanno rubato l’auto! Allora, di che auto si trattava?”

“Gliel’ho detto… della mia!”

“Signora, ho capito che era sua ma volevo sapere qualcosa in più: il tipo, il modello, il colore… la targa!”

“Era una macchina piccola della Fiat color pervinca. Qualcosa che ricorda un orsetto.”

“Signora: verde, marrone, blu, giallo, rosso….. questi sono i colori! Che colore è pervinca?”

“Pervinca è il colore della pervinca!”

Alle volte, davanti all’ottusità di certe persone, la signora Adele perdeva la calma. Quella era una di quelle volte.

“Signora, per favore…. A quale dei colori “normali” si avvicina il color pervinca?”

“Al violetto. Ma non è violetto! E’ pervinca!”

“D’accordo. Veniamo ora al tipo di macchina: della Fiat. Con un nome che ricorda un orsetto?”

“Fiat procione!”

“Va bene, signora, ho capito!”

“Dubito che abbia capito.” pensò la signora Adele.

“Potrebbe essere una Panda?”

“Potrebbe.”

“Una Panda color pervinca” – e scrisse Panda viola. “Signora, la targa la ricorda?”

“No. Ma sul certificato dell’assicurazione c’è scritto.”

“Ah, bene. E dove lo tiene il certificato di assicurazione?”

“Sull’auto!”

“Bene signora… per favore continui il resoconto. Vediamo: lei ha preso l’auto, una Panda color viola…”

“Pervinca!”

“….pervinca! Per andare a prendere il vino da Vito.”

“Esatto. Perché Vito ha il vino proprio buono! E con la ratatouille ci vuole un buon rosso!”

“Signora… per favore! Mi spiega come ha fatto a farsi rubare l’auto?”

“Dunque per arrivare da Vito devo attraversare quasi tutta la città e poi quando arrivi da Vito non c’è mai posto per l’auto. E allora sono andata al solito posto, dove posso parcheggiare, e ho lasciato le chiavi al posteggiatore.”

“Ha lasciato le chiavi al posteggiatore? Dunque Vito si trova in via?”

“In via Rondelli.”

“Via Rondelli…. il parcheggio è quello sul lato della pasticceria?”

“Quello… quello dove c’è sempre quel signore….”

“Quel parcheggio è abusivo. E quel signore è un abusivo!”

“Va bene ma ci trovo sempre lui e mi fido…. Ora che ci penso però stamattina non c’era il solito parcheggiatore… ce n’era un altro!”

“Signora…. le hanno proprio rubato l’auto. Lei si è fidata….”

“Non mi era mai successo niente….”

“Ma stavolta si è imbattuta in qualcuno che faceva abusivismo abusivo!”

“Oddio! E’ grave?”

“Ma, cara signora…. è gravissimo! Ormai la sua Panda chissà dove sarà finita! Mah… cercheremo di fare il possibile. Adesso mi fa una bella firma qui, sul verbale….”

“Qui?” disse la signora Adele prendendo la penna che il brigadiere Belluomini le porgeva.

“Una firmetta e poi… e poi speriamo di ritrovare la sua Panda viola… mi scusi, pervinca.”

Quel tipo monocigliotico cominciava a starle simpatico. Chissà che magari l’auto gliela ritrovava per davvero! La signora Adele salutò ed uscì dalla porta segnata dalle striature biancastre e se la chiuse alle spalle.

Belluomini rimase solo nella stanza. Era quasi mezzogiorno. Rigirò il verbale tra le mani, come se non sapesse cosa farne. Poi lo appoggiò sulla pila di fogli alla sua destra, appoggiò i piedi sulla scrivania e si accese una sigaretta.

“Magari domani ci sarà un bell’omicidio!”