“Quando Adamo zappava ed Eva filava, Chi era il padrone?” John Ball.
Diceva James Baldwin, che ognuno prima o poi si trova a fare i conti con le sue origini; non è possibile, affermava, semplicemente fingere di non sapere da dove si viene (Black English: A Dishonest Argument, 1980, n.d.r.). E Zadie Smith, padre inglese madre giamaicana, la memoria delle origini, la questione etnica nella sua complessità, sembra averla ben impressa nell’inchiostro che compone i suoi racconti. Fin dall’esordio con Denti Bianchi (edito Mondadori, 2001), infatti, l’autrice inglese ha dimostrato di riuscire a leggere in maniera brillante le trame intricate che compongono il melting pot inglese. Autrice di vari saggi e vincitrice, a soli 23 anni, di svariati premi come scrittrice tra le più promettenti nel panorama letterario contemporaneo, Smith ha senz’altro dimostrato di saper maneggiare la penna. Ma è con N-W, edito Mondadori 2013, che ci si immerge appieno nella sua impalpabile sensibilità, affascinati dall’originale capacità di destreggiarsi in un linguaggio dai toni incalzanti.
N-W, il northwest sobborgo londinese, luogo di incontri, di storie, di identità ed etnie che si mescolano, si annodano nel disperato tentativo della working class di emergere e raggiungere la meta. È una lotta intricata, come la definisce la stessa Smith, perché sono in molti a combattere convinti che l’equazione “più soldi, più soddisfazione”, sia il significato che chiude il cerchio della vita. Pure solo nel quartiere popolare è possibile trovare un senso di comunità che lega indissolubilmente persone e storie diverse. E Zadie Smith questo quartiere lo racconta con una maestria innovativa che scava, attraverso un complesso flusso di coscienza, nei meandri delle menti di personaggi apparentemente comuni. Felix, Nathan, Leah e Keisha, unici autori delle proprie definizioni. Leah e Keisha, amiche d’infanzia, una bianca-rossa dallo sguardo allampanato-; l’altra nera, perfettamente inserita nella middle class dopo aver occidentalizzato il suo nome in Natalie. Due vite, due scelte diverse, stesse paure. Sembra infatti essere il terrore del tempo, della morte, dell’età, la corsa impazzita verso una meta d’arrivo che si allontana all’orizzonte, il filo conduttore di queste storie.
Qual è il premio della corsa? Cosa si lascia indietro quando si taglia il traguardo?
Interrogativi che non sempre trovano risposta, che non sempre seguono un sentiero lineare. Si può restare quello che si è, o si è obbligati a cambiarlo, ma il prezzo si paga comunque. Un intreccio che si specchia in un linguaggio dai ritmi veloci, solo all’apparenza scomposti, che quasi sembrano riprodurre il suono caotico delle vite che raccontano. Zadie Smith ha raggiunto con NW il punto di svolta, la maturità completa che la inserisce a pieno titolo nel podio degli scrittori più innovativi della sua generazione. Una riflessione acuta, un viaggio tra le strade della Londra più nascosta e incasinata, specchio di contraddizioni di un mondo che corre velocissimo senza curarsi di passato e presente.
“Cos’è la paura? È qualcosa che ha a che fare con la morte e il tempo e l’età. Semplicemente: ho diciotto anni nella mia testa ho diciotto anni e se non faccio nulla se resto immobile avrò sempre diciotto anni. Per sempre. Il tempo si fermerà. Piuttosto banale questa paura. Chiunque ne soffre oggi.”