“Ben oltre le idee di giusto e sbagliato c’è un campo. Ti aspetterò laggiù”
Jalaluddin Rumi – XIII secolo
Difficile, a volte, trovare il libro adatto da portarsi dietro durante le vacanze. Perché perdersi tra le pagine di un libro, sdraiati sotto l’ombrellone per evitare gli schizzi dei bambini che giocano in riva al mare, talvolta vuol dire partire lontano senza spegnere il cervello. Forse per questo motivo “E l’eco rispose”, edito Piemme 2013, è primo nelle classifiche dei libri più venduti. Una scrittura sottile, quella di Khaled Hosseini, che trasmette il calore di una carezza. Il racconto di una Kabul degli anni ’50 ancora incensurata, prima che le guerre spargessero il sale sull’anima dei suoi abitanti, prima che l’Afghanistan diventasse il simbolo del fallimento della civiltà occidentale. Al suo terzo romanzo, l’autore de “Il Cacciatore di Aquiloni” e “Mille Splendidi Soli”, dimostra di essere perfetto narratore di un luogo lontano, misterioso e incomprensibile nell’immaginario collettivo. Pure Hosseini riesce ancora una volta ad abbattere confini inutilmente distanti, rendendo il suo linguaggio universale e profondamente sentito, nella narrazione di amore e sofferenza, in un circolo di storie che si inseguono e si sfiorano, disegnando le trame di un microcosmo che racchiude l’universo della vita umana. Come avvolto in un abbraccio, il lettore si sente dolcemente trascinare in un viaggio remoto, da San Francisco a Parigi, all’isola greca di Tinos, tra miseria ricchezza e deserto, alla ricerca del significato dell’addio.
Così la sofferenza del distacco e l’amore come sacrificio, si vestono dei colori agrodolci delle magiche atmosfere orientali fin dal primo racconto con cui si apre la narrazione. Storie intense, che scavano nelle emozioni di personaggi in continuo cambiamento, costretti a sollevare lo sguardo dritto verso una terra sempre più desolata, sorgente di “mille tragedie per chilometro quadrato”. Tragedie che raccontano la storia Afgana e il suo mutamento, nella complessità di donne come la Signora Wahdati, una delle tante figure femminile che Hosseini ama rappresentare senza mai appesantirle di caratterizzazioni ossessive. Il legame fraterno, ma anche l’invidia, la scelta, l’intollerabile dolore della mancanza, sentimenti tenuti insieme dal filo invisibile di un destino che sovrasta ogni cosa, e come un eco dell’anima si ripresenta sotto forma di una piuma di uccello.
“Imparai che il mondo non vede la tua anima, che non gliene importa niente delle speranze, dei sogni e dei dolori che si nascondono oltre la pelle e le ossa. Era così: semplice, assurdo e crudele.”
Un linguaggio semplice, diretto, quello di Khaled Hosseini, che armonicamente compone un’architettura sempre più ampia fino a disegnare un quadro completo, toccante e suggestivo. Uno dei libri che non può assolutamente mancare nella lista delle vostre letture estive.