“Ho sempre scritto romanzi e racconti , tuttavia, a differenza delle pièces , ho tempo per comporre un testo che considero pubblicabile. Mentre il teatro paradossalmente pone a me stesso vincoli, il romanzo mi ha dato una libertà che mi ha molto spaventato, una libertà che potrebbe diventare licenza. Per me la letteratura rappresenta la scoperta della molteplicità dei punti di vista e l’esplorazione del labirinto della condizione umana. Se la filosofia cerca di semplificare, la letteratura tende alla complicazione.
Queste le parole pronunciate da Eric Emmanuell Schmitt a proposito di una domanda su cosa sia per lui la letteratura. Di nazionalità francese, ma con sangue irlandese nelle vene, il cinquantatreenne Schmitt è anche drammaturgo, filosofo e grande cultore di musica classica. Le prime opere, ovvero operette teatrali le scrisse durante gli anni di studio alla Facoltà di Filosofia della Ecole Normale Supérieure di Parigi dove conseguì la Laurea nel 1983 e proprio di filosofia, musica, poesia e prosa si nutrono i suoi scritti, simili a sinfonie e spartiti che indagano temi legati all’esistenza.
Dagli anni “90 la sua attività di sceneggiatore ed autore di commedie teatrali lo ha portato nei più blasonati teatri europei e statunitensi raccogliendo entusiastiche adesioni di pubblico come quando il “Il visitatore”, atto unico del 1993, fu replicata centinaia di volte e tradotta in circa 15 lingue. La commedia tratta di un dialogo tra Sigmund Freud ed uno sconosciuto visitatore con cui disserterà di storia, psicoanalisi e filosofia.
Nello Schmitt scrittore è emblematica la presenza di figure storiche di alto spessore quasi a volerne prolungare la vita terrena o ragionare con loro sui motivi del decadimento della società come il caso del romanzo “Quando penso che Beethoven è morto mentre tanti cretini ancora vivono” (2011) in cui si instaura un dialogo tra lo scrittore ed il celebre musicista per comprendere i motivi della scomparsa dell’armonia e della gioia della sua musica; oppure “Il libertino” (2000) che mette a dura prova le virtù morali di Denis Diderot, padre dell’Enciclopedia francese e simbolo di una intellettualità illuminata che ha fatto della Francia e della sua cultura un faro di civiltà. In lavori successivi Schmitt ha creato un ciclo di romanzi denominato “Ciclo dell’invisibile”. Si tratta di scritti brevi (di rado superano le 200 pagine) che hanno per tema religione, amicizia, amore, passione, comprensione e rispetto per l’alterità con la caratteristica speculativa di un filosofo.
A questo ciclo appartengono i romanzi “Milarepa” (2002), “Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano” del 1999, “Oscar e la dama in rosa” (2005), “Il bambino di Noè” (2006), “I dieci figli che la signora Ming non ha mai avuto” (2012), in quest’ultimo affronta per la prima volta il tema dell’aborto e della condizione femminile nelle società asiatiche.
Per alcuni di questi romanzi lo stesso autore ha scritto un adattamento per il Cinema e la TV e da una decina di anni a questa parte la settima arte sembra essere diventata per lui una ulteriore spinta creativa tanto da collaborare con diverse case di produzione sia francesi che USA.
Lo scrittore è molto legato ai suoi personaggi, li considera figli, fratelli, sorelle, compagni di una vita in cui la dissertazione e l’indagine sulla parte nascosta dell’essere è in continuo cammino, anzi quasi un pellegrinaggio. Significativa è questa sua dichiarazione : “Fortunatamente, i soggetti dei miei libri hanno forzato la mano: si sono imposti, mi hanno costretto ad ascoltare, a scrivere la loro storia per mesi, a portarmi il loro servizio. Grazie a Pilato grazie al signor Ibrahim, grazie Oscar. Quanto a Hitler, mi dispiace, anche se apprezzo molto “La parte dell’altro”, il libro che me lo ha ispirato, non è mia abitudine ringraziarlo“.
Nel libro “Il vangelo secondo Pilato” riesce con precisione quasi didascalica a ricostruire il dramma religioso e umano del Cristo facendolo raccontare da colui che avrebbe potuto cambiare l’ordine della storia. Emmanuel Schmitt ama ribaltare ruoli e raccontare la storia dalla parte di chi non è protagonista o quando incarna la sua parte oscura; come nel caso di “La parte dell’altro”.Il romanzo porta il lettore alla scoperta di una versione alternativa di una delle figure più inquietanti della storia dell’umanità: Adolf Hitler.
In questo libro tra finzione letteraria ed un’acuta e pertinente analisi storico-filosofica del dittatore tedesco si traccia una svolta storica partendo da una data : l’8 Ottobre 1918, giorno dei risultati degli esami di ammissione alla Accademia di Belle Arti. Hitler non fu ammesso ma in un gioco di rimescolamento delle sorti, lo scrittore immagina la vita parallela di Adolf Hitler una volta diventato artista e membro dell’Accademia così da trasformare il persecutore nel suo doppio “buono” Adolfo H.; nella lettura del romanzo il lettore non può non domandarsi cosa ne sarebbe stato del mondo contemporaneo e della storia del “900 se avessimo avuto solo Adolfo H, l’artista, anziché Hitler, flagello dell’umanità.
Con scrittura colta ma accessibile, dai saggi, alle pièce teatrali ai romanzi, Schmitt dichiara un intento quasi pedagogico ma senza ostentare troppo o darsi arie da profeta ed alcuni dei suoi libri possono segnare anche il lettore più distaccato; parola d’ordine elevare lo spirito.
Mi piace allora riportare questo passaggio del romanzo “Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano” a chiosa di questa breve presentazione dello scrittore francese:
“Di fronte a noi è stata messa una scala per evadere, Momo. L’uomo è stato prima minerale, poi vegetale, poi animale-lo stato animale, in particolare, non riesce a dimenticarlo, spesso la tendenza a tornarci-, poi è diventato uomo dotato di conoscenza, di ragione e di fede. …..E dopo, quando avrai oltrepassato la tua condizione di uomo, diventerai un angelo. Non avrai più a che fare con la terra. Quando danzi ne hai un presentimento”. (cit. p-84, edizione I Super e/o).