– Che schifo, il 14 di luglio e noi siamo ancora bianchi come mozzarelle!
Otto del mattino di una domenica d’estate, e mia moglie, complice il gatto di casa che soffre d’insonnia, è già in piedi che scruta l’orizzonte.
– Dai, che oggi il tempo è bello – aggiunge inesorabile – preparati, che si va a prendere un po’ di sole!
Un brivido mi corre lungo la schiena. Il traffico, il sudore, la sabbia, la salsedine, e poi la fila per la doccia, l’unto delle creme solari. Per non parlare dei soldi, cinquanta euro come minimo!
Pagare per soffrire è decisamente contrario alle mie convinzioni, provo a darmi malato.
– Stanotte non sono stato bene. Te l’avevo detto che la pizza di ieri sera non era un granché.
– Il solito misantropo misogino asociale! – taglia corto lei.
Tre aggettivi dispregiativi di seguito testimoniano di solito una media indignazione, forse me la cavo.
– Pigro, indolente e insensibile!
Siamo a sei, segno che la collera è massima e la lite sta per scatenarsi. Che faccio, incrocio i guantoni o abbozzo?
– Ok, ok, resta pure a casa se ci tieni tanto. Vuol dire che ci vado da sola. E, chissà che questa è la volta buona che sulla spiaggia faccio conoscenze… interessanti.
Dico la verità, la cosa mi tenta, magari me ne libero definitivamente.
– Babbo, eddai, accontentala, non rovinare sempre tutto!
Mio figlio, come il solito si è schierato con la madre e perseverare significherebbe retrocedere ulteriormente nella lista dei suoi affetti.
Già vengo dopo il gatto…
– Va bene, ma a una condizione.
La sconfitta è inevitabile, ma almeno l’onore delle armi, ecchediamine!
– Non ci allontaniamo. Stiamo qui a Bagnoli. Andiamo sulla spiaggia libera e per ora di pranzo torniamo.
Lei, mi guarda, valuta, soppesa, infine sentenzia.
– Essia! Domenica prossima, però, andiamo dove dico io e non c’è ma che tenga.
Sancisco la pace ritrovata con un bacino sulla guancia sdegnata della mia metà e vado a prepararmi.
Pochi minuti, e, bardati di asciugamani cappellini e occhiali da sole, eccoci attraversare un quartiere ancora addormentato ciabattando rumorosamente sulla strada deserta.
– Mettetelo pure qua.
Mia moglie, con il piglio di un generale che valuta il campo di battaglia, ha considerato l’altezza del sole e ordinato al bagnino l’esatta disposizione del lettino.
Che poi, bagnino!
Il tizio nerboruto e ampiamente tatuato che ha trascinato di malavoglia l’attrezzo fino al punto desiderato non è un assistente bagnante ma un abusivo che fitta ombrelloni e sdraio spaiati e scalcagnati cui non affiderei il mio gatto.
Essì che lo odio.
– Grazie, va bene così. Amore, dai qualcosa al ragazzo!
Il ragazzo è due volte me e ha mani grandi come pale.
Pure la mancia!
Traggo fuori dal borsello cinquanta centesimi e li allungo al giovanotto che però non se ne va e resta in attesa, il palmo spalancato e un ghigno che vorrebbe essere un sorriso.
Eccotene altri cinquanta e vai con Dio.
Quello finalmente chiude il pugno ma poi prorompe in un urlo belluino.
– Pascà, Pascaaa, mo’ vengh’io, nun te ne incaricà, che la signora me la aggarbo io – fa al socio-compare che intanto è stato avvicinato da una formosa quarantenne.
Non saluta né tantomeno ringrazia, ma parte al galoppo in direzione della nuova arrivata.
Sbaglierò, ma qualcosa mi dice che il suo non è solo interesse professionale.
– Io mi sistemo qui tu puoi stare anche per terra.
La coniuge prende così possesso della brandina confinandomi sulla sabbia. Si cosparge di abbondante crema, si stende e non da più segni di vita.
Sole, a noi due!
Per quanto mi riguarda, non ho nemmeno il tempo di accomodarmi che una pallina mi colpisce in piena fronte.
E dopo un po’, ancora, e poi di nuovo.
– Scusi signore – fa tutte le volte il bimbo col tamburello che viene a raccoglierla.
Scusa un corno, con tutta la spiaggia a disposizione proprio qui devi venire a giocare. E poi, dico, se proprio non la becchi mai, che cazzo ci giochi a fare?
-Aitane – Gaetano per chi non parla la lingua – Aitane, e sta più attento!
Questa deve essere la madre che alla fine s’è decisa ad assumersi le sue responsabilità.
E invece.
– Un po’ di pazienza, so’ ragazzi, che ci volete fare!
Ordinargli di sgomberare e lasciare in pace la gente, no, vero?
– Le dirò, signora, io di pazienza ne avrei anche, ma suo figlio mi lascia senza fiato per la sua perseveranza. Eccerto, perché ce ne vuole davvero tanta a rompere i coglioni in maniera così scientifica alla gente.
Quella sbanda, probabilmente non ha afferrato appieno la battuta, ma il tono non sembra esserle piaciuto perché afferra il piccolo Aitane-Gaetano e lo trascina in lacrime sotto l’ombrellone mormorando oscuri improperi al mio indirizzo subito condivisi dall’inclita legione assisa tutta intorno.
– Sei sempre il solito intollerante, ora anche con i bambini te la pigli! Da solo sopra una montagna dovresti stare!
Mia moglie, emersa dal suo stato letargico, sta scuotendo il capoccione con aria affranta. Ai suoi occhi devo essere assolutamente irrecuperabile.
– Gaetano, piccolo, vieni qua che Grazia ti compra un gelato. Lascialo stare a Lucio, che quello è un orso – fa in direzione della piccola peste con l’aria di chi deve riparare a un torto epocale.
Sconfessato dal mio stesso sangue e ormai bersaglio del ludibrio generale, mi alzo e con ostentata dignità mi dirigo verso la scogliera.
Lontano dalla pazza folla osservo il mare davanti a me.
Il pontile corre incontro a Nisida per più di un chilometro ma l’isola fa l’indifferente lasciandosi cullare dolcemente dalla risacca. Più in là sprofonda Posillipo che chiude con l’opposto promontorio del Rione Toiano il golfo di Pozzuoli.
Se non ci fosse tanta gente che schiamazza e facesse meno caldo, mi sorprendo a pensare, starei qui delle ore.