Photo by nerdontheinside
Dicono che M. non ce la farà. Champagne.
Ricordo di quando sognavo d’ammazzarlo con queste stesse mani. Cosa gli avrei fatto lo sa solo il diavolo. Sognavo di tenerlo in pugno: da strozzare, gonfiare di botte, spaccargli i denti e la faccia, vedere il sangue e sentirselo negli occhi, che esplode nei bulbi e nelle vene sulla fronte per la rabbia e per la gustosa adrenalina di quando ammazzi qualcuno con le tue stesse mani. Sarebbe stato un orgasmo di violenza ben ripagata, giustificata dal mio intimo e profondo senso del giusto. Come sete di giustizia, sapore d’acciaio, felicità.
Poi tornavo in me. Non potevo ammazzarlo per davvero, non io. Ma avrei volentieri pagato qualcuno per farlo. Un sicario, amico di amici. Un lavoro pulito, fatto bene. Ma senza soddisfazione. Che senso avrebbe avuto? Certo, avrei gioito lo stesso, ma… forse!, magari… no: avrei gioito lo stesso, a prescindere.
Il pensiero di poterlo fare fuori mi faceva stare meglio. Sapevo che, in qualsiasi momento, avrei potuto scendere di casa e andare da lui per imporgli l’ultimo saluto alla faccia della terra. Nemmeno un desiderio. Secco, freddo.
Io non sono un assassino. Ma dicono che M. non ce la farà. Champagne.