Alcuni fanno alpinismo, altri fanno snowboard, altri ancora fanno bungee jumping; io leggo. Ho un amico, nato il mio stesso identico giorno, stesso mese, stesso anno e, ahimè, ambedue l’anno scorso abbiamo raggiunto la soglia dei trenta. Lui si è regalato un lancio in paracadute, io un e-reader. Il brivido della lettura e quello dell’altitudine, vi sfido a scegliere durante una cena a chi chiedere di raccontare un po’ di sé. Ma sono pigra, e pure una gran fifona, le emozioni che cerco sono semplici e alla buona, però… però c’è una cosa che da sempre mi esalta: l’esordiente!
Invaghirsi di uno scrittore, sentirne parlare da altri, leggere recensioni, sono modi semplici e affidabili per trovare un tomo che valga la pena leggere; lanciarsi invece in qualcosa di sconosciuto, frutto della penna di un nome che al momento nel panorama letterario non puoi associare a nulla, per di più legato ad una piccola casa editrice, ti fa sentire un temerario: e io sono una avventuriera dei testi.
Per tutto quanto detto, ovviamente, non avevo nessun preconcetto, pregiudizio o attesa quando ho cominciato a leggere “La terra è blu come un’arancia” di Luca Delgado, edito da Homo Scrivens.
Samuele D. è un ragazzo dai lineamenti spigolosi e l’ambizione sfrenata relegata ad esprimersi in articoli banali, sul traffico ad esempio, nella redazione de “Il Mattino”; Zeno Zanetti è un ispettore annichilito dalla propria vita, con velleità da Mattia Pascal, ma senza il coraggio di approfittare della sorte. Le loro vite paiono non avere alcuna ragione di incontrarsi ma, come anticipato, l’ambizione di Samuele D. è troppo grande e sarà proprio la ragione per cui il destino metterà i due personaggi uno di fronte all’altro. Samuele D. vuole essere il primo, in ogni senso, Zero Zanetti si sente ultimo e vorrebbe essere nulla, il suo intuito investigativo lo porterà ad ottenere ciò che desidera.
Questo libro è, paradossalmente, come un lancio dal paracadute, o meglio come io immagino sia un lancio: i primi secondi di curiosità, di timore, poi -all’improvviso- il lancio, e il suolo che si avvicina. Immaginate tutto questo raccontatovi in tanti modi diversi, visto che l’autore non si è limitato a scrivere un romanzo breve, ma ha costruito anche un racconto nel racconto attraverso il ricorso a diversi contenitori oltre quello classico: si incontrano infatti una pièce teatrale, una sceneggiatura, un racconto breve e, il mio preferito, un fumetto. Devo proprio ammettere che quando, d’improvviso, sulla pagina è comparso il fumetto è stato entusiasmante; quasi miracolosamente Delgado, pur nella più sfrenata sperimentazione, è riuscito a non tagliare mai nettamente la trama, e ha mantenuto, pur correndo un grossissimo rischio, la tensione narrativa e la storia vive. L’effetto finale è splendido, si avverte il desiderio della ricerca piuttosto che uno sfoggio narcisistico da “guardate come sono bravo”.
Ecco, questa è l’esaltazione “da esordiente” (esordiente poi per caso, perché in attesa della grande acclamazione del pubblico che non tarderà ad arrivare). Posso immaginare di essere stata io a scoprirlo, decidendo scientemente di fingere che non sia stato pubblicato da una casa editrice che evidentemente non si è lasciata spaventare dall’ambizioso progetto, fingere di essere una sorta di Pippo Baudo: l’ho scoperto io! Lo consiglio vivamente a chi sta cercando una cosa davvero nuova, in un mondo che rigetta la ricerca per tuffarsi sul noto e banale, dai vampiri alle focose casalinghe. Ma mi raccomando, se ci incontrassimo ad una cena e ci fosse il mio amico del lancio, fategli presente che il libro ve l’ho consigliato io, proprio una donna da brivido!