Fuori nella notte, sopra il muro di granito, il gatto con pelliccia semi di amaranto contempla la luna.
Davanti a lui, il gigantesco albero di pino, scosso da un furioso vento estivo ancheggia gravemente, mima un ballo antico quanto press’a poco il mondo, e la sua danza somiglia a un rito mistico.
Dall’alto, un fondale di stelle tutto tremante, pare in attesa di un terrore imminente, le stelle cadenti simulano una pioggia scintillante di sogni seviziati, che si infrangono e muoiono, disperdendosi nel nulla, all’infinito.
Qui dentro, i pensieri cullati da ondeggianti nuvole di fumo, vanno a spegnersi lentamente su carezze incenerite: la bottiglia di vino febbricitante, la stanza fredda, il germe impazzito, il cuore infetto, la molecola vagante, l’instancabile mosca e l’anima genuflessa dietro la porta del cesso.
Le pareti sono candide nemiche, la cinese di Klimt è sempre a seno nudo, Lee sempre un bell’uomo, Marilyn sempre raggiante, gli occhi incantati di Jimi sempre onesti, quel dannato orologio sempre tic-tac!