Phyllis Isabella Pearsall ebbe l’illuminazione una mattina di un giorno qualunque dell’anno 1911. Era nel negozio del padre, quel giorno lui le aveva chiesto di raggiungerlo per portarle da casa il pranzo. Per fortuna c’era tanto lavoro e lui non poteva proprio muoversi. Capitò in negozio un signore, suo amico, e dopo che questi acquistò un atlante – cosa ci facesse con tutti gli atlanti che ogni settimana comperava in quel negozio era un mistero – disse che sarebbe stato più che felice di vedere quella graziosa fanciulla e comunicarle la commissione da sbrigare. Lui abitava proprio vicino i Pearsall e quindi non sarebbe stato un problema fare una camminata leggermente più lunga del solito.
Isabella raggiunse il padre in negozio. Ogni volta che vi entrava rimaneva colpita dalla bellezza di tutti quegli atlanti, di tutti quei mappamondi, e le sembrava che il mondo fosse più grande di quanto credesse, che a malapena sarebbe riuscita in tutta la sua vita a conoscere a menadito la sua infinita, bella, bellissima Londra.
Il padre divorò avidamente il panino al prosciutto che la figlia gli aveva portato e in pochi minuti terminò di bere la bottiglietta d’acqua. Era molto affamato perché aveva lavorato molto, non s’era fermato un attimo.
Fu in quell’istante, mentre il padre le disse qualcosa a proposito di un cliente piuttosto bizzarro che era entrato in negozio, che Isa, guardandosi attorno, si disse: io prima di girare il mondo girerò la mia Londra. E la disegnerò. Sì, sfrutterò la mia abilità artistica per disegnare una mappa che contenga tutto: strade, stazioni dei bus, della metropolitana, numeri civici. Tutto. Non importa se userò milioni di fogli, io lo farò.
La sua vita cominciò a prendere una piega inaspettata. Viveva con un fuoco dentro di sé, che ardeva. Era la sensazione di felicità dovuta all’avere un obiettivo, qualcosa da fare, qualcosa in cui credere. Isabella aveva questo progetto e avrebbe fatto di tutto per portarlo avanti, e terminarlo.
Cominciò così a visitare in lungo ed in largo la sua città. Ogni angolo. Vie, strade, parchi, uffici postali… Annotò tutto, faceva piccoli schizzi su fogli di carta che si portava da casa, calcoli matematici per decidere che dimensioni dovessero avere nella cartina le strade che visitava. Erano gli anni Trenta.
Si alzava tutte le mattine alle cinque, con i soldi che aveva si spingeva fino all’ultima fermata della metropolitana. Respirava Liverpool Street, Camden Town, Notting Hill. Covent Garden, Oxford Street, Paddington.
Ventitremila schede. Nascoste tutte dentro una vecchia scatola di scarpe che stava sotto il letto. Fu un lavoro lungo, lunghissimo, intenso ed accurato.
Ora mancava soltanto un passo: la pubblicazione.
Girò in tutte le librerie di Londra. Idea geniale, dicevano tutti, ma mai nessuno che pubblicasse la sua mappa, mai nessuno che scommettesse su di lei. Charing Cross e tutte le sue librerie la ignoravano, nemmeno avesse proposto la pubblicazione di un’opera inconsistente, acerba, poco commerciale. O troppo. I quattromilaottocento chilometri che aveva percorso in quella che le sembrava fosse una vita intera si dissolvevano ad ogni no, ad ogni volta che Isabella veniva respinta. Le doleva il cuore, si sentiva inutile, stringeva tra le mani quella mappa e si sentiva stupida. Si domandava se fosse solo lei l’unica persona a rendersi conto dell’impegno e della dedizione usati per creare quell’opera. Si domandava se tutti avessero dato per scontato i chilometri e i mesi infiniti passati a girare in lungo e in largo la città. Se solo lei vedesse in quei fogli tanta abnegazione ed un obiettivo raggiunto. Ma soprattutto un’utilità per tutti. Per tutti quelli che in città si perdono, che vogliono spostarsi e non sanno dove andare, per quelli che vogliono sapere dove sia la fermata della metropolitana più vicina a loro.
Iniziò col porta a porta. Si disse che se nessuna libreria avesse scommesso su di lei, lei si sarebbe imposta “al basso”: gente comune, edicole, tabaccherie, vicine di casa.
La mattina usciva di casa con una carriola carica di tutti i fogli che aveva disegnato e raggiungeva i luoghi che riteneva potessero aiutarla ad emergere.
Una mattina del 1936 la catena WH Smith decise di puntare su di lei. Non ci sperava più. A malapena quella normalissima edicola di Clapham Common aveva acquistato una sua copia! E adesso la sua opera, il suo gioiello, non stava più nella carriola – che tra l’altro aveva buttato per esorcizzare il ricordo della fatica e della rassegnazione di quando sperava che anche solo una persona acquistasse una copia della sua “London A-Z” – ma su degli scaffali. Pronta ad essere venduta al pubblico.
La Bibbia di Londra venne venduta e stampata in oltre sessanta milioni di copie.