Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
E. Montale
Parole commoventi per descrivere un’immagine di amore forte e indelebile. Montale racconta un ricordo di una situazione quotidiana e ripetuta, in compagnia della moglie che soffriva di gravi problemi alla vista. La forte anafora delle due strofe sottolinea appunto la consuetudine, la ripetitività e l’affetto che circonda un’azione narrata con tenerezza e nostalgia da parte del poeta, rimasto ormai solo nel suo rimpianto di aver interrotto un viaggio con una dura rottura che ha causato un cambio di prospettiva nell’uomo abbandonato. La poesia appartiene alla raccolta “Satura”, edita nel 1971 e che comprende poesie scritte nell’arco di tempo che va dal 1956 a tutti gli anni sessanta, ispirate nella maggior parte dei casi dal ricordo della moglie Drusilla Tanzi, punto quasi centrale nella sezione ”Xenia”. Centrale, oltre all’elemento nostalgico, è il tema del viaggio, visto come cammino della vita che ognuno di noi si trova ad intraprendere, talvolta ricevendo talvolta donando un supporto in virtù di un amore irripetibile. Montale lascia intendere, in modo molto chiaro, il contrasto tra il supporto fisico dato da lui alla moglie, e il tipo di supporto, mentale o affettivo donatogli dalla moglie, la quale ha permesso al poeta di vedere la realtà e il mondo non solo con gli occhi. L’importanza quindi di percepire sensorialmente e emotivamente ogni quotidiano gesto, anche con notevoli difetti visivi, è centrale in tutta la poesia, in quanto tali percezioni, tutt’altro che visive, svelano verità ed immagini nascoste e trasparenti che, solo con la sensibilità di chi non può vedere ma solo immaginare, possono essere riconosciute e ammirate. È ben chiaro anche il notevole contrasto tra assenza e presenza che Montale ha voluto mettere in evidenza già dai primi versi: un viaggio iniziato insieme e che continua nell’isolamento di chi svaluta un punto di vista immediato in virtù delle “pupille offuscate” di chi può vedere oltre e di chi lo ha indirizzato in una via lontana dalle “coincidenze”. Il tema della vista è presente negli “Xenia” anche in un altro componimento, nel quale il poeta sogna un incontro con la moglie mentre si sforza nel vederlo perché non indossa occhiali, ma il “sebben” che introduce il v. 11 racchiude una teoria resa poco esplicita, ma che porta ad una riflessione tutt’altro che banale. In questa famosissima poesia quindi è racchiuso un invito per i lettori a leggere oltre l’inchiostro stampato dei suoi versi, e a scovare l’implicito con la forza sensoriale di una mente che ci tiene il braccio ad ogni gradino che scendiamo.