Parlare di Charles Michael Palahniuk, gergalmente Chuck, procura una certa ansia. Scrittore, saggista e giornalista alquanto iperattivo e mordace, da un paio di decenni si è imposto all’attenzione della critica mondiale e come Irwine Welsh ha fatto in Europa , Palanhiuk ha segnato una rivoluzione nel genere pulp made in USA creando una profonda interazione con i suoi lettori, rapiti da personaggi un po’ Kafkiani immersi in situazioni surreali, talvolta ispirate alla cronaca.
Di origini ucraine, il cinquantunenne Palahniuk, sin da ragazzo ha manifestato una grande passione per la letteratura moderna statunitense ed europea ma prima di intraprendere la carriera di scrittore la sua è stata una gavetta intensa. Conseguita la laurea in giornalismo nel 1986 presso l’Università dell’Oregon, iniziò a lavorare come speaker radiofonico ad Eugene, in Oregon e successivamente a Portland collaborò con un giornale locale come giornalista freelance occupandosi di cronaca e costume sino al 1988, quando abbandonò temporaneamente il giornalismo per dedicarsi all’attività di meccanico, appassionandosi così tanto al mondo dei motori da scrivere un breve trattato di meccanica ed elettronica. Le prime produzioni risalgono al periodo in cui frequentò un corso di scrittura creativa e parallelamente si dedicò al volontariato in qualità di assistente materiale per malati terminali. Entrambe le attività favorirono in lui alcune riflessioni sulla vita e la società americana di fine millennio che sfociarono nel primo romanzo di vero successo: “Fight Club”, pubblicato nel 1996 e divenuto un film con la regia di David Fincher nel 1999.
Se con Figth Club la consumistica e nichilista società americana viene costretta a fare i conti con se stessa, nei libri successivi Palahniuk sconvolge ed appassiona. Milioni infatti le copie vendute per “Invisible Monsters” pubblicato nel 1999 (scritto prima di Fight Club e rifiutato da molti editori). Sono ormai un cult romanzi come “Survivor” , “Choke”, “Ninna Nanna”, “Diary”, “Hunted”, “Gang Bang”, “Pigmeo”, “Senza Veli Paura e delirio nella vecchia Holliwood” quest’ultimo una sua personale visione della vita dei divi del cinema degli anni “50 , e non si stenta a credere che sia quella vera.Ha scritto e pubblicato quasi un libro all’anno fino ad arrivare ai recenti “La scimmia pensa, la scimmia fa” , una raccolta di saggi ed articoli e “Dannazione”. Ciascun romanzo tratta di verità raccontate attraverso situazioni estreme da personaggi borderline la cui potenza espressiva colpisce per la semplicità del linguaggio scritto, che articola pensieri e riflessioni tipiche della migliore tradizione filosofica tedesca di fine ottocento.
In “Dannazione” Madison, la protagonista, ha solo 13 anni ma sfrontatezza ed intraprendenza di un’adulta; atteggiamenti scaturiti da un vissuto familiare di semiabbandono da parte dei ricchi e spregiudicati genitori che solo dopo alcuni giorni vengono a conoscenza della morte per suicidio della giovane figlia. Il libro racconta con le parole della protagonista della sua discesa agli inferi e dell’incontro con i dannati ed il demonio. Forte il parallelismo con Dante e la Divina Commedia, di cui Palahniuk ha una certa venerazione ma l’approccio della protagonista all’oltremondo ha ben poco a che fare con l’aulico incipit dantesco :
“ Mi sente, Satana? Sono io, Madison. Sono appena arrivata qui all’inferno, però non è colpa mia, se non fosse perché sono morta per un’overdose di marijuana. Forse all’inferno ci sono finita perché sono grassa, ma proprio grassa come una scrofa. Se si può andare all’inferno per il peccato di autostima, allora sono qui per quello. Vorrei tanto poterle dire una balla, e che sono pelle e ossa e con i capelli biondi e due tette così. Però mi creda: se sono grassa, ho le mie buone ragioni…Conosco la parola rievocare. Sono morta, non ritardata. Fidatevi, essere morti è molto più facile che morire. Se sei una che in vita riesce a guardare un sacco di televisione, allora essere morta sarà una passeggiata. Anzi, direi che guardare la tele e stare su Internet sono un ottimo allenamento…per la morte”.
Un primo approccio agli scritti di Palanhiuk potrebbe indurre a giudicarlo uno scrittore capriccioso incurante di stile e tecnica, un satiro nichilista del XXI secolo. La sua creatività ed il suo talento sono tuttavia finalizzate a rendere un servizio ai suoi lettori: il suo stesso bisogno di raccontare. Lo spiega esplicitamente nella introduzione a “La scimmia pensa, la scimmia fa” dove scrive tra le altre cose: “Come un avvocato che pronuncia la sua arringa alla corte, diventi il fautore della visione del mondo del tuo personaggio, e vuoi che il lettore la accetti come verità. Vuoi che il lettore prenda una pausa dalla sua vita. Dalla narrazione della sua vita…..Persino l’atto solitario della scrittura diventa una scusa per stare in mezzo alla gente. E la gente dà a sua volta fuoco alla miccia della narrazione. Da soli. Insieme. Realtà. Narrazione. E’ un ciclo…Funziona, ma solo se non rimani bloccato troppo a lungo nello stesso luogo”.
Della sua vita privata è noto un aneddoto familiare alquanto tragico ed assurdo. Suo padre Fred rimase orfano di entrambi i genitori dopo aver assistito all’ omicidio della madre per mano paterna ed al suicidio dello stesso; nel 1999 fu brutalmente ucciso a fucilate assieme alla seconda moglie dal suo ex marito. I corpi furono bruciati nel garage di casa. Chuck seguì il processo che ha portato l’omicida alla pena di morte scrivendo articoli ispirati a questa vicenda con l’intento di creare una riflessione in tutto il paese sullo smodato quanto incontrollato uso delle armi. Dichiaratamente omosessuale, il suo è uno sguardo un po’ sfrontato da cui si comprende la capacità di scrutare e dare risalto a verità nascoste ed inconsapevoli. Critici e lettori non fanno che attendere le sue nuove, sconvolgenti fatiche…