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Generacíon Y. Vivere e scrivere all’Avana.

C’è una città che scorre accanto a noi senza toccarci.

Chi vive in una fatica a immaginare l’altra. Una scorre veloce sopra le ruote, mentre la nostra invecchia in attesa dell’autobus. La mia deteriorata Avana compra con gli spiccioli, parla sottovoce e profuma di acqua fogna, mentre l’altra consuma tramezzini, si muove tra ricevimenti ed emana un delicato aroma di crema idratante”.

 

Qual è la forza della rete a cavallo del nuovo secolo? Cosa succede quando è una dimensione senza barriere a  riflettere l’immagine del luogo simbolo per eccellenza dei confini ideologici e militari? In un’intervista per il canale tedesco re:publica, Yoani Sánchez, blogger cubana, prova a spiegare gli effetti dell’autoritarismo catapultato nell’epoca delle comunicazioni. È come un muro di Berlino -spiega- quello della sua Cuba, ma è invisibile perché fatto di silenzio, accettazione timorosa di un governo che rifiuta l’opposizione. Se, infatti, una parte del mondo sembra ancora alle prese con profonde ideologie; dall’altra, una geografia totalmente mutata, sembra imporgli il confronto con uno spazio incurante delle restrizioni. È il 2007 quando Yoani Sánchez crea il suo blog, Generacíon Y. Y come l’iniziale del suo nome, come la generazione che negli anni ’70 e ’80 ha vissuto in una Cuba segnata “dalle scuole al campo, dalle bambole russe, dalle uscite illegali e dalla frustrazione”. Racconta il suo mondo, Yoani, la sua vita, la lotta quotidiana contro il vuoto assoluto di una popolazione inascoltata, nel tentativo di sollevare il velo e mostrare il vero volto di un’utopia inesistente. Senza mai abbandonarsi a rabbiosi monologhi  politici, ma lasciando che sia il semplice racconto della quotidianità a raccontare gli eventi. Le donne che a Pinar del Río non hanno acceso ai tamponi per il ciclo mestruale, la paura del ricovero negli ospedali che non sterilizzano gli strumenti, la ricerca continua di notizie che non siano schiacciate dal peso della propaganda, e ancora l’impossibilità di viaggiare, e la difficoltà delle connessioni internet.

Un racconto che deve aver infastidito non poco il governo Castro, visto che il blog è rimasto chiuso per tre anni agli utenti cubani. Yoani è considerata oggi una dissidente, arrestata per la prima volta nel 2009, e colpevole di campagna antigovernativa. Ha dato forza alla sua voce con l’ingegno, aggirando la regola che impedisce ai blogger l’accesso completo ad internet, e unendo due passioni che nel suo destino si sono rivelate vitali, letteratura e tecnologia. Con un escamotage è infatti riuscita a garantirsi l’accesso a Twitter, per diffondere il più largamente possibile le news di un paese che vive in una pace apparente, una tranquillità che confida nella benevolenza di una parte del mondo ostinatamente radicata nel rifiuto di ogni difetto di ideologie ormai stanche. Oggi l’account Twitter di Yoani conta oltre 500.000 followers, ma nonostante i premi ricevuti c’è ancora chi l’accusa di essere un tramite del governo Americano anti-castrista, una finta dissidente che mira a destabilizzare il potere cubano per strizzare l’occhio al nemico capitalista. Un esempio la protesta avvenuta al Festival del Giornalismo a Perugia qualche settimana fa, con striscioni e urla di proteste che hanno interrotto l’intervista di Mario Calabresi alla blogger.

Nella raccolta tradotta egregiamente da Giordano Lupi, “Cuba Libre- vivere e scrivere all’Avana”, composta da diversi post pubblicati su Generacíon Y, si può leggere tutto il disincanto di Yoani per i sogni bruciati, per le promesse non mantenute, per quel futuro che sembra non arrivare mai. In un racconto che non è mai aggressivo, ma essenziale, diretto, confidenziale, si scrive la storia di più di una generazione che ha perso la voce, ma prova a cercarla anche in un soffio.

“Ho vissuto fuori dal mio Paese e sono tornata” racconta “perché ho capito che per me la vita non è da un’altra parte, ma in un’altra Cuba”.