“Se ti fai toccare da un uomo te lo leggo negli occhi, mi basta guardarti negli occhi, e ti riempo di botte” diceva Antonio alla figlia Rosa, ogni volta che usciva di casa da sola. E cercando la colpa negli occhi della figlia non si era accorto che vi stava crescendo l’odio.
Ci sono quattro personaggi nel romanzo di Viviana Viviani “Il canto dell’anatroccolo”; quattro bambini che diventati adulti si portano dietro il peso della vita, così lontana dai loro desideri, dai loro sogni, dalla loro natura. La Viviani è stata brava non soltanto nel creare figure uniche senza scivolare nella banalità dell’esasperata fantasia ma, con un tocco lieve di chi sa far tesoro di ciò che ha vissuto, a legare tra loro questo gruppo creando un intreccio denso e complesso sotto gli interessanti stimoli della conoscenza. Già, perché Rosa, Alvise, Andrea e Arianna scoprono via via l’amore, l’amicizia, il disprezzo, la vita, la morte con un atteggiamento che ha l’incanto della favola e la malizia della realtà.
Il primo personaggio che il lettore conosce è Rosa, bella e piena di vita, soffocata da un padre padrone che, con i suoi atteggiamenti, non fa altro che insegnarle a provare odio. Si, Rosa odia il padre ed odia la sua casa, una prigione nella piccola isola di Lerata, la cui arretratezza era tale da farla rimanere sempre dietro, rispetto al mondo e alla voglia di vivere di un adolescente. Schiacciata anche nella possibile conoscenza con l’altro sesso, che diventerà negli anni la sua malattia, Rosa trascorre le sue giornate nella sua stanza, tra musica e poesia. Lì non arrivano i soprusi del padre, il suo odore di fumo e di fritto, il suo respiro pesante. E un giorno, in quella stanza non arrivano neanche le urla del padre, che dal salotto chiama in soccorso la figlia. Rosa sente e alza il volume della musica. Poi il silenzio. Il padre è morto e lei non ha fatto nulla per aiutarlo.
La Viviani presenta, nel secondo capitolo, Arianna, una bimba diversa dagli altri bimbi con i quali non trova interesse a giocare, divertendosi invece con i suoi Oprini e scatenando l’apprensione dei genitori e della psicologa. Gli Oprini sono degli esserini piccoli capaci di nascondersi tra le cose e allo stesso tempo sono forti e robusti da rompere dei vasi. Solo la nonna di Arianna si avvicinava alla piccola con comprensione ed interesse per il mondo degli Oprini. Gli amici immaginari di Arianna vengono però dimenticati quando inizia la scuola, tanto che a distanza di qualche anno, la ragazzina non ricorda più neanche come erano fatti questi Oprini.
È poi la volta di Alvise, il cui nome è l’insieme di Alessandro e Viola sempre, i suoi genitori, in realtà non così vicini tra di loro e neanche col figlio, che porta su di sé il peso della morte della madre, di parto, ed è costretto a vivere con la zia Beatrice, verso la quale nutre un odio profondo per avergli raccontato in maniera cruda la morte della madre e quella luna, rossa di sangue. Alvise vorrebbe diventare scrittore da quando il padre gli ha regalato un’agenda rossa che è poi diventata la sua compagna di vita. Alla morte della zia, Alvise non è poi così afflitto, quasi si fosse, dopo anche la morte del padre, costruito una scorza agli eventi esterni.
Zia Beatrice è morta senza il mio aiuto. O forse il mio desiderio è bastato. Credo di avere un’immaginazione potente. Un funerale dopo l’altro, la mia espressione facciale è quasi perfetta. So già che nella vita avrò molte finte lacrime da trattenere a stento e credo che di molte di esse sarò io la causa. Non mi dispiace, mi piace determinare gli eventi non solo con la scrittura.
Infine Andrea, considerato un ragazzino intelligente ma dalla poca fantasia, che non aveva grandi sogni e vedeva la sua casa come il posto ideale, dove nascondersi, dove tornare sarà contro la sua volontà, unico testimone di un delitto irrisolto. Andrea vive, tra l’altro, sulla sua pelle le sensazioni del primo innamoramento; tutte le sue attenzioni sono concentrate su Rosa, sempre più presente nella sua casa e nella sua vita.
In duecento pagine e ventisette capitoli, la scrittrice è capace di regalare quattro storie ricche di elementi di riflessione, accompagnate dalla delicata attenzione verso l’infanzia e la fantasia. E se questi quattro anatroccoli diverranno cigni non ci è dato saperlo, ma almeno noi lettori abbiamo potuto ascoltare il loro canto.