Il Medioevo può definirsi l’epoca in cui, più di ogni altra, il pensiero umano intraprese la sfida più difficile: non solo concettualizzare Dio, dimostrandone razionalmente l’esistenza, ma spingersi nei meandri più complessi e intricati della propria speculazione filosofica per dimostrare quanto sia necessario credere in Dio. Dieci secoli di storia umana, circa un millennio, sono stati segnati da questo tentativo estremo di decifrare l’enigma più indecifrabile in assoluto, l’asserzione che spiega ogni principio, il paradigma stesso di ogni cosa indimostrabile: l’esistenza effettiva di Dio.
Il discorso teologico di Tommaso d’Aquino non indebolisce ma rinforza la sintesi tra ragione e fede. Dio è l’oggetto di fede per eccellenza, ma anche di conoscenza per tutti i filosofi che vogliono convalidare le loro implicazioni argomentative. Tutte le questioni della Summa theologiae mirano a rafforzare ulteriormente tale momento conoscitivo, aprendo una disputa convincente e sotto molti aspetti del tutto inedita, e che si ripeterà nei secoli successivi.
Iniziata nel 1265 ma rimasta incompiuta, la Summa si snoda negli ultimi sette anni di vita del suo autore, e si articola in tre parti: nella prima si parla di Dio, della sua natura, della Trinità, della creazione e della natura dell’uomo in un’ampia sezione antropologica; la seconda parte è divisa a sua volta in due sottosezioni dove viene studiato la relazione delle creature con Dio, quindi la beatitudine e i mezzi per acquisirla, con un interesse particolare sul peccato, i vizi e le virtù; la terza e ultima parte affronta i temi della redenzione e della grazia divina. L’opera, titanica sia nei contenuti che nelle intenzioni complessive del proprio artefice, resterà incompiuta alla novantesima questione, e verrà redatta dai suoi discepoli secondo il progetto originale.
Il progetto di Tommaso è coerente con i dettami del mondo latino, fra i secoli XII e XIII, riguardanti il termine summa: un’opera completa, dettagliata ma anche sintetica nelle questioni che affronta, di facile comprensione nell’ambito di studio preso in considerazione, cioè quello teologico, scienza che ha come oggetto di conoscenza Dio in sé, rigorosamente inteso come principio autenticamente distinto da tutto il resto.
Il tentativo di armonizzare la natura dimostrativa della Filosofia e la verità insita nella Fede risulta evidente, e in modo peculiare, subito nella prima parte dell’opera, dove si affrontano quelle che per Tommaso erano le problematiche essenziali della natura, e quindi dell’esistenza di Dio, esponendo le cinque viae che servono a “scolpire” nella mente asserzioni che giustificano ciò che ci è noto, le creature, intese come il risultato conoscibile di qualcos’altro. Nella mente appare qualcosa che in sé non è mai assoluto, ed è quindi l’effetto di qualcos’altro che per il principio di causalità è trascendente, cioè una causa che trova ogni principio e ogni fine in sé stessa. Le cinque vie sono le seguenti:
Via del moto. Ogni cosa è in movimento passando dalla potenza all’atto, quindi ogni cosa non può muoversi da sola ma da qualcosa che è già in atto (il fuoco che è caldo in atto riscalda il legno che è in potenza); siccome non si può procedere all’infinito da motore a motore, è necessario arrestarsi ad un motore che non è mosso da nessun altro ma che è puramente in atto e mai in potenza: questo motore è Dio.
Ratio della causa efficiente. Ogni cosa è sottoposta all’efficacia di una causa esterna al proprio essere, e nessuna cosa è causa del proprio essere, altrimenti sarebbe anteriore a sé stessa e ciò risulta paradossale; senza rinviare tutto all’infinito è necessario trovare una causa prima che giustifichi ogni altra causalità: e questa causa efficiente è Dio.
Possibile e necessario. Tutte le cose sono possibili, cioè possono essere o non essere, ma se così fosse bisognerebbe ammettere un momento in cui non vi era nulla, e l’essere non nasce dal nulla ma da qualcosa, ovvero qualcosa che giustifichi l’esistenza delle cose. La necessità insita nelle cose può provenire da altro o da sé stesse: nel primo caso si cadrebbe in un processo all’infinito ed è quindi necessario ammettere l’esistenza di un qualcosa di necessario per sé, e questo qualcosa è Dio.
I gradi delle cose. Ci sono cose buone e cose meno buone, ma tutte vengono misurate in base a un processo che va a gradi, cioè il progressivo allontanamento da un qualcosa che è buono in assoluto, e questo Bene assoluto è Dio.
Il governo delle cose. Tutte le cose, non solo quelle dotate di capacità conoscitiva, operano sempre secondo un fine, cioè lo scopo della loro natura, quindi nell’universo tutto ha un fine ben preciso, ed ogni cosa è orientata a sua volta da un’intelligenza che le orienti al proprio fine. Dato tale comportamento comune a tutto l’universo, c’è qualcosa d’intelligente che orienta senza essere orientato, altrimenti si cadrebbe nuovamente in un processo all’infinito, e questa intelligenza prima è Dio.
Dio é causalità universale, potenza assoluta, motore, ordinatore e governatore della realtà, e si trova in tutte le cose. Un essere puramente in atto non è realizzabile da un’esistenza totalmente distaccata come la nostra, ma necessaria in quanto puramente est, cioè Egli è. La natura umana non può coglierlo così com’è, ma può conoscerlo secondo le diverse considerazioni concettuali, che rispondono tutte alla sua sostanza, qualunque essa sia.