Quando si perde qualcosa la mente va momentaneamente in uno stato di caos e panico come se non si potesse accettare l’idea di vivere senza quel qualcosa. Poi ci si abitua e allo smarrimento iniziale si sostituisce la lucidità di riuscire a poterne fare a meno. Questo è ciò che accade per le cose e in maniera più lacerante per le persone. La protagonista di “Io non farò rumore” perde qualcosa di più grave, la memoria, dunque se stessa.
Luce.
Contro i miei occhi. A violentare le mie palpebre. Luce. «Svegliati… » Non fu il suono, no, non il suono. Mi sveglia la luce. Dove sono? Una donna vicino alla finestra armeggia con le tende, qualcosa s’inceppa, lei insiste, strattona, non si arrende. Ogni suo movimento è un rumore. La guardo mentre mi volge le spalle: è grassa, ma si muove con una disinvoltura ed agilità che soltanto l’abitudine può averle dato. Da sempre sposta le tende: è già una sicurezza. Senza guardarmi mi chiama. Ha detto Mirella? O Graziella? O Isabella? Uno di quei nomi dovrei essere io. Già, io. Chi sono?
Lara Cardella parla ai suoi lettori di Maria, una donna che ha chiuso la storia col marito ed è tornata al suo passato, alla sua vecchia casa, ai suoi genitori. Un giorno però tutto cambia; la solita abitudine della madre di entrare nella sua camera e far cominciare il giorno con la luce del sole, diventa per la donna qualcosa di nuovo: il gesto non le ricorda nulla, la luce diventa ombra, la madre un estranea. Ha dimenticato tutto. Maria non è angosciata dalla sua nuova realtà senza certezze; ha invece una sensazione piacevole, di leggerezza come se non avesse mai provato nulla di doloroso fino a quel momento. La donna non ha più ricordi e le facce intorno a lei di parenti e amici sembrano solo quelle di visitatori mai visti incuriositi dalle sue lacune memoriali.
La Cardella sferra un colpo interessante per il lettore: la mancanza improvvisa di memoria non sempre rappresenta un dramma. Non ricorda più, questo è vero, ma d’altronde le cose belle sono state spazzate via così come quelle brutte; nessun piacere ma soprattutto nessun dolore. La protagonista di questo romanzo comincia così ad osservare la sua vita, le persone che conosce, le cose che vede con distacco e con lucidità, assemblando i pezzetti che le vengono dati da chi le sta intorno. Come una rinascita. Non si porta dietro lo strascico di situazioni vissute, lei, può ricominciare. La sua amnesia è in realtà una nuova possibilità. Come tutte le cose belle anche questo “dono” nasconde il suo lato oscuro: può conoscere la sua vita passata esclusivamente attraverso i racconti degli altri. E se volesse sapere di più? Maria si accorge ben presto che qualcosa le viene nascosto, qualcuno, un uomo. Perché? Chi è quest’uomo e qual’è il suo ascendente sulla donna? Domande senza risposta. Maria deve conquistare da sola la verità. Un registratore diventa il suo compagno e lo strumento per conservare le sue sensazioni. Il suo passato e il suo presente si intrecciano, in un sentiero pieno di colpi di scena…
Sono Maria o Mariella, oggi è giovedì e non ricordo più niente. Non proprio niente, solo me. Mi ha svegliata Madre”